sabato 13 settembre 2008

Intervista a Sauro Vitali, Comitato per la difesa del Rio Fergia



Alcuni passaggi dell'intervista a Sauro Vitali

La vertenza del Rio Fergia contro gli interessi commerciali dell'Idrea-Rocchetta rappresenta sicuramente una delle battaglie simbolo per la difesa dell'ambiente e la tutela dei beni comuni, non solo in Umbria ma anche a livello nazionale ed internazionale. Qualche giorno fa, io e Marco abbiamo avuto l'occasione di intervistare Sauro Vitali, presidente del Comitato Rio Fergia. Sauro è un'autentica leggenda nella zona tra Nocera Umbra e Gualdo Tadino, per la passione e la determinazione con cui si sta battendo da oltre quindici anni per la difesa del fiume. Il suo carisma è riconosciuto molto oltre i confini regionali e per fine gennaio è stato invitato a parlare al Forum Sociale Mondiale di Belem (in Brasile). Siamo dunque molto contenti di averlo intervistato! A questo proposito, ringraziamo di cuore Samuele Scarponi che, oltre ad averci fatto da guida sui territori della vicenda (peraltro sotto un diluvio mai visto...), ha organizzato per noi l'incontro con Sauro. Grazie Samuele!

Intervista completa

Prima di parlare della vertenza Rio Fergia, una curiosità. Entrando a Boschetto, abbiamo visto che il paese ricade sia sotto il Comune di Nocera Umbra che sotto quello di Gualdo Tadino...
Tutta questa zona tra Boschetto e Gaifana è una zona promiscua che gode anche di una certa autonomia, è come se fosse un comune in mezzo a due comuni. Ad esempio, i terreni collinari e montani sono per statuto di nostro dominio e né Gualdo né Nocera sono titolari di questa zona (questo è stabilito da un trattato del 1480 che poi è citato anche in un’apposita sentenza emessa dal Tar). Quindi ci sono alcuni diritti di uso civico – come il pascolo o il legnatico – che sono promiscui, per cui il Gualdese è autorizzato ad andare sotto Nocera senza pagare alcuna tassa e viceversa. Questi usi civici sono gestiti e amministrati - per conto esclusivamente degli abitanti del posto - dalla Comunanza Agraria di Gaifana, Boschetto, Colle Santa Lucia, etc. Tutta questa fascia tra Gualdo e Nocera è dunque una zona franca e infatti è chiamata proprio zona franca. Storicamente, tutte le guerre insorte tra Gualdesi e Nocerini sono venute fuori dalle insurrezioni del posto. Abbiamo delle documentazioni che attestano tutta una serie di guerriglie già nel 1300, la prima guerra dell’acqua risale al 1371 (naturalmente queste guerre sorgevano sempre per questioni legate all’acqua, perché dove c’è acqua c’è civiltà, c’è economia e quindi benessere). E questo filo conduttore continua anche oggi. E’ qui da noi, che ci troviamo in zona di confine, che Nocera e Gualdo si contendono le risorse. Tra Nocera e Gualdo c’è sempre stata rivalità e a tutt’oggi, quando ci aiuta Gualdo significa che il predatore è Nocera e quando ci aiuta Nocera, che il predatore è Gualdo.

Abbiamo letto che, per concedere l’acqua della zona alla Idrea, avrebbero dovuto addirittura staccare circa 240 famiglie dall’acquedotto pubblico…
245 per l’esattezza e sono le utenze che ricadono sotto il Comune di Gualdo. Questo è un fatto gravissimo e penso che nel mondo non si sia mai verificato. Una proposta del genere non la fa neanche il più sprovveduto dei più sprovveduti: per favorire un’azienda privata, decidi addirittura di staccare gli allacci della popolazione… in una zona poi dove – lo dicono gli studi dell’Arpa e gli studi del prof. Tulipano [professore ordinario di idrogeologia applicata all’ Università La Sapienza di Roma, n.d.r.] ─ di acqua non c’è, ce n’è pochissima. È un sottobacino, non è un bacino vero e proprio. Se vai in profondità, il bacino è unico e va da Scheggia fino alla Valnerina; ma questo è un sottobacino di 8 km2 che i pozzi di ricerca (pozzi P1, P2, P3; non c’è solo quello di Corcia, ma anche altri due a Rigali) hanno perforato. Questi pozzi ricadono all’interno del bacino che alimenta la sorgente Rio Fergia la quale a sua volta alimenta ben tre acquedotti pubblici (Gualdo Tadino, Nocera Umbra e in più parte della città di Fabriano: la sorgente di Capodacqua [che alimenta la città marchigiana, n.d.r] sta nello stesso bacino del Rio Fergia). Questo lo ha dimostrato l’Arpa con i suoi studi (ma comunque già si sapeva perché quando hanno effettuato le perforazioni è fuoriuscita una schiuma biancastra dalla sorgente che altro non era che i tensioattivi usati durante le perforazioni). I lavori sono durati mesi e sicuramente c’è stato inquinamento. Ad un certo punto la polizia provinciale sequestrò l’acqua, fecero dei verbali: però poi tutto rimase nei cassetti perché - come dico io - questo è un affare di stato, dove sono collusi tutti i partiti politici di ogni ordine e grado, di destra, centro, sinistra, di estrema destra, estrema sinistra e Chiesa!

Nella deliberazione della Regione Umbria che dà parere favorevole alla concessione, il prelievo delle acque ─ rispetto a quanto stabilito nel protocollo d’intesa del 1993 ─ viene aumentato di circa 5 litri al secondo (da 28 a 33 l/s). Questa decisione costituisce effettivamente un pericolo per il Rio Fergia?C’è questo sforamento di 4-5 litri, ma in realtà chi determina questo impoverimento delle falde e questo depauperamento dei corsi fluviali, sono i pozzi. Non è la stessa cosa prelevare l’acqua semplicemente per caduta o scavare sotto dei pozzi, con perforazioni lunghe addirittura anche 550 metri di profondità (quello di Corcia è addirittura 200 metri al di sotto della sorgente del Rio Fergia). E poi non è solo una questione di perdita e di calo quantitativo dell’acqua, ma anche qualitativo, perché ci sono dei solfati. I solfati non possono superare i 200 mg al litro, perché altrimenti l’acqua non è più potabile. Oggi già superano i 100 mg. Se tu apri il rubinetto di casa, ti arriva lo zolfo. Quindi i pozzi fanno danno anche da un punto di vista qualitativo il danno. La furberia che adotta il signor Bottini di Perugia [assessore regionale all’ambiente, n.d.r.] ─ quando comincia a fare i conti perché vuole rifarsi al Protocollo d’Intesa ─ è una presa in giro che offende le intelligenze delle persone. Un prelievo naturale non ha nulla a che vedere con un prelievo forzato.

E si diceva di come istituzioni e partiti politici, piuttosto che occuparsi del bene pubblico, pensassero più agli interessi del privato…Ma sono davvero così forti questi interessi?
Questa non è solo una questione localizzata, ma gli interessi in gioco sono altissimi. Se parli con l’ex sindaco di Nocera Petruzzi, ti dice che quasi quotidianamente telefonava gente come Gianni Letta che gli diceva di smetterla e di convincere il Comitato a fare altrettanto. Poi dopo sono subentrati gli altri, con gente del tipo Rutelli, Veltroni e Follini. Su questa questione dell’acqua si intreccia un affarismo colossale e si basa in pratica un’economia a livello di stato. Rocchetta fa parte di quelle 26 aziende italiane che in pratica elargiscono soldi per la pubblicità e determinano un sistema economico molto forte (è la prima delle acque minerali in questo senso). Una sconfitta da parte loro significherebbe il crollo di un sistema economico, basato poi anche sul finanziamento occulto ai partiti. Qui si intrecciano la politica, gli affari e la Chiesa… Il bello poi è che l’acqua se la sono venduta pure partiti come Rifondazione Comunista, portabandiera dei beni comuni. E questo perché sono tutti foraggiati in maniera occulta dalla Rocchetta S.p.a. C’è veramente un grande marcio. Anche le forze dell’ordine (finanza, forestale, carabinieri e polizia) non fanno nulla. Noi li abbiamo chiamati decine di volte, ma non hanno mai fatto niente. Non possono fare nulla, perché l’ordine viene dall’alto. Nei primi anni in cui si insediò la Rocchetta, il giornalista Valerio Anderlini dell’ Eco di Serrasanta di Gualdo Tadino, andò a fare un giro nei luoghi dove c’erano i pozzi insieme ad alcuni dirigenti della Rocchetta. Ad un certo punto, mentre stavano parlando, fuoriescono dai boschi polizia, carabinieri e finanza con i mitra! E allora questo della Rocchetta: “No, no, è amico mio….” Capito? Ecco perché non succede nulla, ecco perché nessuno indaga.

Una domanda relativa ad un’altra questione territoriale, che comunque si ricollega a tutto il discorso che stiamo facendo. Abbiamo saputo che anche Nocera e Gualdo sono interessati dal passaggio del metanodotto Foligno-Sestino, con gravi rischi ambientali per i territori attraversati. Il Comitato Rio Fergia si sta muovendo anche in questa direzione?
Della questione, noi ne siamo stati informati dal Comitato No Tubo di Città di Castello e di Apecchio. Ultimamente non ce ne siamo più occupati, ma adesso con gli amici nostri del Comitato vedremo di rivedere questa situazione. Abbiamo già fatto vedere alla gente del posto le immagini su che cosa era questo tubo. E’ un metro e venti di diametro, dove passa quello sconquassa…Tra l’altro attraversa il fiume Rio Fergia e i lavori devasterebbero le falde acquifere. Questo è un tubo che passa e tira via fino a Bologna, non è poi che ci siano ramificazioni per consentirne la distribuzione sul posto. E’ logico che dobbiamo in qualche modo intervenire, anche perché il sistema è sempre quello, le società sono sempre quelle, le intenzioni sono quelle. Questa fascia appenninica la vogliono devastare; basta vedere le cave che ci sono tra Gualdo e Nocera, sembra tutto bombardato dalle bombe atomiche…

Una domanda di carattere sociale. In che misura la lotta per la difesa del Rio Fergia ha cambiato tra voi del Comitato i rapporti interpersonali e umani?
Io posso parlare per quanto riguarda il comitato direttivo. Siamo 18 persone e da questa vertenza è stata trovata una coscienza collettiva che sta al di sopra della somma delle coscienze individuali. Per raggiungere l’obiettivo, ci siamo convogliati in una coscienza unica, per cui anche su altre questioni ─ magari a cena o a ballare ─ si va insieme con queste persone. E quindi è una cosa positiva. Se siamo in cinque, non è che siamo cinque coscienze separate; la coscienza collettiva è molto superiore alle cinque coscienze messe assieme come semplice sommatoria. Questo mi ha insegnato molte cose, mi ha aperto molto gli orizzonti; e ci ha aiutato molto nella nostra azione, perché noi facciamo le cose concrete. Quando noi siamo andati ad occupare pacificamente i pozzi a Corcia, eravamo 250 e abbiamo dormito nei boschi. Il parroco ha suonato le campane alle 3:40 di notte e ci ha svegliato tutti, tutti ci siamo precipitati lì. Nel ’90-’93 [ prima della firma del Protocollo d’intesa, n.d.r. ], abbiamo addirittura respinto 120 celerini…in maniera pacifica, però da lì noi non ci muovavamo. Il motto mio è: “Dovranno passare sopra i nostri cadaveri”. E tutti rispettano questa cosa, proprio perché c’è questa coscienza collettiva.

E per concludere, cosa possiamo aggiungere?
Di cose ne potrei dire tantissime, ma mi fermo qui perché è inutile che sto a spiegare che l’acqua è un bene inalienabile, l’acqua è di tutti, non è mercificabile. Per me queste cose sono superate da quando è sorto l’uomo, penso che è la prima cosa che ha pensato. E’ inutile che stiamo a ripeterla, è un’assurdità sui generis, nel vero senso della parola. E noi non è che ci fermiamo, non andiamo in ferie, siamo vivi e vegeti…chiudessero i pozzi perché sennò scoppia la terza guerra mondiale!


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