lunedì 29 dicembre 2008

Un diritto universale

Riportiamo un recente appello di Rosario Lembo ed Emilio Molinari, del Comitato Italiano del Contratto Mondiale sull'Acqua, contro la privatizzazione della risorsa idrica. Per maggiori informazioni, www.contrattoacqua.it

Il 10 dicembre 2008 è stato il 60° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani. Quale diritto umano è più universale, più naturale, più vitale, del diritto all'acqua? Eppure L'Onu, L'Ue, i G8, la stragrande maggioranza dei governi del mondo compreso il nostro, si rifiutano di dichiarare l'acqua come Diritto umano e si rifiutano di definire 50 litri di acqua di buona qualità per persona al giorno, come la quantità minima per vivere dignitosamente, così come afferma l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). L'Onu non si pronuncia e il suo Consiglio dei diritto umani nel marzo scorso ha rinviato di tre anni il rapporto sui diritti umani.
Ma nel nostro paese nessuno sembra indignarsi per questo. L'acqua è un Bene comune? Lo afferma il Compendio alla dottrina sociale della Chiesa, il Cnel sostiene che non è un prodotto commerciale e persino il ministro Tremonti dichiara che non può essere regolato dal mercato. Ma il 6 agosto il parlamento italiano ha votato la legge 133 dove all'articolo 23 bis, si fa obbligo ai comuni di privatizzare tutti i servizi pubblici locali, compresi i servizi idrici, dichiarandoli servizi di «rilevanza economica», in una parola l'acqua potabile diventa un bene economico la cui gestione è affidata al mercato. Inoltre, cosa vuol dire privatizzare tutti i servizi pubblici locali? E' lo svuotamento più clamoroso della funzione dei comuni e della democrazia. Cosa resta ai comuni? Gestire le paure dei cittadini? Vendere territorio, parchi e coste agli speculatori di sempre per fare cassa? Mettersi a giocare in borsa con i derivati?
Succede in Italia. E alla Lega vorremmo dire: che senso ha parlare di federalismo quando i beni comuni fondamentali dei territori, vengono consegnati a multinazionali? Privatizzare tutta l'acqua potabile del nostro paese è un terribile salto nel buio, è privatizzare la vita stessa dei cittadini italiani, giocarla in borsa, consegnarla al profitto privato, nelle mani di un cartello monopolistico di 4 multiutility (Acea- Iride- Hera-A2A) , di 2 multinazionali francesi Suez-Lyonnais des eaux e Veolia, di alcune banche come il Monte dei Paschi e a imprenditori come Caltagirone e Pisante. E' inutile girare attorno alle parole: le privatizzazioni, la legge 133, l'art. 23 bis sono una nuova tangentopoli italiana, la conferma che nel nostro paese la questione morale è completamente trasversale.
Succede in Italia, mentre il comune di Parigi toglie a Suez e Veolia il servizio idrico e lo riprende nelle proprie mani pubbliche, mentre paesi dell'America latina dichiarano nelle Costituzioni che l'acqua è un diritto umano e un bene comune pubblico. Mentre nella stessa Europa il Belgio dichiara con leggi che l'acqua è un bene comune da gestire come servizio pubblico, in Italia la politica nel suo insieme partorisce la legge 133 art. 23 bis. Eppure pochi sembrano indignarsi col governo che mette ai voti una simile legge e con l'opposizione che lo attacca perché non ha privatizzato con più decisione. Nessuno si ribella né scende nelle piazze o sommerge con una valanga di mail i propri partiti. Qualche sindaco ha un moto di dignità, protesta, oppone resistenza, qualche coraggioso giornalista denuncia con forza la gravità di quanto sta accadendo, ma l'indifferenza della società civile sconcerta. Per l'acqua potabile, nelle mani delle multinazionali o della criminalità organizzata, per l'aria di cui si vendono le quote di inquinamento, per le morti sul lavoro, il cibo, la privatizzazione delle Università e della conoscenza, per i grandi diritti universali, sociali e collettivi, non c'è indignazione, né mobilitazione, nemmeno tra i lavoratori, chiusi di fatto in una dimensione corporativa. Solo gli studenti, con la loro lotta si collocano in questo passaggio epocale che è la mercificazione dei beni comuni di cui la 133 è la concretizzazione.
L'acqua che pure è donna e madre, è fertilità, non suscita reazioni nei movimenti femminili e femministi, e come nei movimenti per i diritti degli omosessuali. Eppure il diritto negato all'acqua, discrimina chi non ha i mezzi per pagarla e è la negazione d'ogni civiltà. Il bene comune chiede a tutti di cogliere l'interesse generale, il contenuto che unifica l'intera comunità e la chiama alla partecipazione.
Ecco perché In occasione della giornata Mondiale dei Diritti Umani, come Comitato italiano per un contratto mondiale sull'acqua lanciamo un appello a tutti i movimenti, affinché condividano la nostra indignazione e lottino con noi.
E' un appello che rivolgiamo anche alla Chiesa italiana e alle sue massime autorità che proclamano il diritto alla vita nelle scelte personali, ma tacciono sulla vendita obbligata del dono di dio e non denunciano il mancato riconoscimento dell'universale diritto sociale e collettivo all'acqua per tutti.
Chiediamo al Parlamento europeo che concretizzi i principi della risoluzione del marzo 2006 sul carattere pubblico dei servizi idrici, alla commissione europea affinché al 5° Forum Mondiale di Istanbul riconosca il diritto all'acqua e affidi all'Onu il Forum mondiale. Ai parlamentari italiani chiediamo un ripensamento sull'articolo 23 bis e un piano di investimenti pubblici per riparare le reti idriche e per finanziare progetti pubblici che portino l'acqua potabile a chi nel mondo non ne ha.
L'Onu nel 2006 ci ha informato che c'è una Crisi Mondiale dell'Acqua, che entro 30 anni il 60 per cento della popolazione vivrà al di sotto della soglia del conflitto idrico di 1000 metri cubi all'anno per persona, che il 48 per cento della domanda di acqua resterà senza risposta, che gli epicentri della crisi saranno: Cina-India, Usa, Mediterraneo, che 820 milioni di contadini oggi al livello di sussistenza verranno spazzati via e che 1 miliardo di profughi idrici si aggirerà disperata per il mondo.morale è completamente trasversale.
Ma 4 Forum Mondiali dell'Acqua, presieduti dalle multinazionali Suez Lyonnais des eaux e Veolia, hanno impedito l'affermarsi del diritto umano all'acqua, l'Onu nel marzo di quest'anno ha conferito a un gruppo di imprese multinazionali utilizzatrici dell'acqua (Nestlè, Coca Cola, Pepsi Cola, Unilever, Levi Strauss, General Electric) il mandato di redigere un «Patto Mondiale per l'Acqua» che assieme al 3° Rapporto sui Programmi di gestione mondiale dell'acqua, saranno presentate come proposte per il 5° Forum Mondiale dell'acqua (marzo 2009 Istanbul) .
Tacere di fronte a queste scenari è un crimine, che ci rende tutti responsabili di aver firmato una cambiale per le prossime terribili guerre. Denunciare questa indifferenza è il modo migliore per onorare la Dichiarazione universale dei diritti umani .
E il Comitato italiano che ha partecipato alla manifestazione promossa da un Coalizione europea di venti e più associazioni impegnate a difesa dell'acqua che si è svolta il 10 dicembre davanti al Parlamento europeo, intende farlo con questo appello.

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martedì 23 dicembre 2008

Buon Natale!

Da Socialmente Giovani, auguri di buone feste a tutti!



Din Don, Frankie Hi-Nrg Mc


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giovedì 18 dicembre 2008

Oggi è il primo giorno di domani

Iniziativa del Meetup degli amici di Beppe Grillo di Foligno sulla promozione di alcuni abitudini di vita più sostenibili. Foligno, sabato 20 Dicembre 2008, Teatro San Carlo, dalle ore 17 alle 24


clicca sull'immagine per ingrandire

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Giovedì al cinema: un altro cinema è possibile

Segnaliamo questa interessante rassegna cinematografica che si tiene a Foligno (al Politeama Clarici) fino alla metà di maggio.


GIOVEDI' AL CINEMA. UN ALTRO CINEMA E' POSSIBILE
13 NOVEMBRE 2008 - 14 MAGGIO 2009 P o l i t e a m a C l a r i c i - Foligno

Programma dei film

13 novembre
IL MATRIMONIO DI LORNA di Luc e Jean -Pierre Dardenne (Belgio 2008, 105’)
[…] i fratelli Dardenne perseguono nella loro pratica artigianale la produzione di prototipi filmici, capolavori cinematografici
(La promesse 1996, Rosette 1999, Le Fils 2002, L’Enfant 2005): racconti in cui qualcuno si avvicina ad un altro, per necessità
o per costrizione, in un moto che dalla diffidenza giunge alla pietà, quasi all’amore. Lorna, una ragazza albanese sposa un
giovane drogato per vivere in Belgio. La sua decisione cinica oscilla, precipita. Premio alla sceneggiatura a Cannes 2008 […]

20 novembre
LA BANDA di Eran Korilin (Israele 2006, 103’)
[…] al suo esordio l'israeliano Kolirin realizza un’opera cinematografica sorprendente per implicazioni, una commedia giocata
su un equivoco: la banda musicale della polizia egiziana, che deve suonare all'inaugurazione del centro culturale arabo di una
cittadina israeliana, scambia la moderna Petah Tikva per la desertica Bet Hatikva. Non c'è altro modo di andarsene da lì che
accettare l’ospitalità della bella Dina, unico albergo. La musica, le parole, i gesti degli ospiti saranno la banda inattesa […]

27 novembre
IL RESTO DELLA NOTTE di Francesco Munzi (Italia 2008, 102’)
[…] il regista di Saimir (2004), al suo secondo film, sceglie il racconto corale: a Brescia , specchio impaurito del nord,
triangoli di esistenze si incastrano in un gioco casuale e drammatico. Silvana e Giovanni (la coppia ricca), con Francesca
l’amante inquieta; Marja, la domestica rumena, e il fidanzato Jonut (la coppia povera) con il giovane Victor, il fratello
ingenuo; Marco, il drogato, e la moglie con il bambino conteso: l’incontro fatale sarà ciò che resta della notte delle loro paure
[...]

4 dicembre
ALEXANDRA di Aleksandr Sokurov (Russia 2007, 92’)
[…] nel 2003 il Torino Film Festival dedicò una retrospettiva completa a questo grande cineasta, l’anno scorso presentò questa
ultima produzione: Aleksandra (la grande cantante Galina Vishnevskaija) raggiunge un accampamento militare russo in
Cecenia per visitare suo nipote, uno dei migliori ufficiali della sua unità. Dall’incontro nascono parole, gesti, relazioni. Non c’è
bellezza nella guerra, né potrebbe essere filmata poeticamente, per Sokurov. Non c’è pace né guerra in questo film di guerra
[…]

11 dicembre
COVER BOY di Carmine Amoroso (Italia 2007, 97’)
[…] all’esordio cinematografico il cineasta realizza un bel racconto di amicizia fra Joan (Eduard Gabia) e Michele (Luca
Lionello), l’uno rumeno e l’altro italiano. L’incontro casuale di due esperienze segnate: la fuga dal proprio paese alla ricerca di
un futuro migliore e la vita precaria nel proprio paese dentro la crisi del lavoro nel mondo occidentale. La vita in comune ai
margini della città e la durezza dello scontro quotidiano per la sopravvivenza metteranno alla prova il vincolo dell’amicizia
[…]

18 dicembre
MEDUSE di Etgar Keret e Shira Geffen (Israele 2007, 78’)
[…] Camera d’Or 2007 a Cannes, scritto da Shira Geffen, drammaturga teatrale, realizzato insieme al marito, Etgar Keret,
scrittore di inezie e fulmini letterari, il film racconta storie minime a Tel Aviv. Una coppia è costretta a passare la luna di miele
in un albergo. Una migrante filippina si adatta a fare l’assistente e risveglia l’umanità in un’acida anziana. Una cameriera di
catering per matrimoni perde il posto di lavoro ma trova un’amica e una bambina con un salvagente. Urticanti presenze […]

8 gennaio
BILLO IL GRAN DAKHAAR di Laura Muscardin (Italia 2008, 90’)
[…] con formula produttiva originale, il film della Muscardin è una commedia ironica, sentimentale, con colpi di scena, sulle
peripezie di un’integrazione difficile. Thierno Thiam è un ragazzo senegalese che, come sarto, decide di raggiungere l’Italia in
cerca di fortuna nel campo della moda, per tornare a casa ricco e sposare Fatou, figlia del medico del villaggio. In Italia troverà
diffidenza e ostilità, ma anche aiuto e amore per Laura. Se la madre chiama però, sarà difficile conciliare L’Africa e l’Italia.
[…]

15 gennaio
ELDORADO ROAD di Bouli Lanners (Belgio 2008, 85’)
[…] attore popolare famoso su Canal+Belgio per la commedia Snuls, al suo secondo lungometraggio (dopo Ultranova,
premiato alla Berlinale lo scorso anno) Lanners inventa una storia da un fatto realmente occorsogli: una sera, tornando a casa,
trova due ladri maldestri, con cui si intrattiene tutta la notte per convincerli a consegnarsi. Qui il due diventa uno, il giovane
Elie, ladro per necessità. Il regista in persona lo trarrà a sé con un moto di pietà, sulla vecchia Chevrolet, in paesaggi inusuali
[…]

22 gennaio
AI CONFINI DEL PARADISO di Fatih Akin (Gerrmania-Turchia 2007, 120’)
[…] si è stranieri all’estero come in casa, all’ovest come all’est. Auf der Anderen Seite è infatti il titolo originale del secondo
film del regista de La sposa turca. Nejat, professore di tedesco, disapprova la relazione fra il suo anziano padre e Yeter,
prostituta di origine turca, che invia soldi alla figlia Ayet, rimasta in Turchia per gli studi. In seguito ad un dramma, Nejat parte
per la Turchia in cerca della ragazza, che invece, perseguitata politica, compie il movimento inverso. Destini ineludibili […]

29 gennaio
INVINCIBILE di Werner Herzog (Germania 2001, 128’)
[…] presentato a Venezia nel 2001 e solo ora apparso nelle sale, il film di Herzog, tratto da una storia vera ma ricostruita
creativamente, racconta di Zishe, giovane fabbro ebreo, partito da un villaggio di campagna alla volta di Berlino, nel 1932. La
forza sovrumana ne fa l´attrazione dello spettacolo di Hanussen, un ciarlatano, che sogna di diventare ministro dell’Occulto nel
futuro governo Hitler. L’arrivo del fratello minore indurrà Sigfrido a diventare Sansone per il suo popolo in pericolo […]

5 febbraio
MACHAN di Uberto Pasolini (Sri Lanka 2008, 122’)
[…] all’esordio, il cineasta italiano Pasolini (Uberto) sceglie come set lo Sri Lanka, una bidonville a Colombo, per una
commedia istruttiva. Senza soldi e senza prospettive, due giovani disperati, Manoj e Stanley, trovano in un torneo di palla a
mano in Baviera l’occasione di un biglietto verso l’Occidente. Senza la più pallida idea di palla a mano, allestiscono
un’improbabile nazionale dello Sri Lanka con amici, creditori, poliziotti. Ma non è facile giocare e vincere
[…]

12 febbraio
ODGROBADOGROBA di Jan Cvitkovic (Slovenia/Croazia 2005, 103’)
[…] miglior film ai Festival di San Sebastián e Torino nel 2005, distribuito nelle sale soltanto ora, questo film dell’archeologo
Jan Cvitkovic, che ama i libri e si annoia al cinema, oscilla tra il dramma e la commedia, tra Kusturica e Kaurismäki. Al suo
terzo lungometraggio il regista sloveno racconta la storia di Pero, trentenne che si guadagna da vivere scrivendo discorsi
funebri nel cimitero del paese, con la guerra dei Balcani ormai lontana ma presente nei corpi e nell’aria […]

19 febbraio
SOTTO LE BOMBE di Philippe Aractingi (Francia-Libia 2007, 99’)
[…] nel 2006, il regista franco-libanese Philippe Aractingi realizza, in Libano, un film in mezzo alla guerra, appena dopo il
cessate il fuoco tra l'esercito israeliano e i militanti Hezbollah. Una donna, Zeina, parte da Dubai alla ricerca disperata della
sorella e del figlio. Incontra un tassista, Tony, disposto a condurla per trecento dollari nel sud del paese. Un viaggio di due
persone in una terra devastata dalle guerre in cui imparano a conoscersi e a guardare all’incerto futuro, nonostante lo scacco.
[…]

26 febbraio
PA-RA-DA di Marco Pontecorvo (Italia 2008, 100’)
[…] Il direttore di fotografia Marco Pontecorvo (figlio di Gillo), all’esordio cinematografico, racconta la vera storia del clown
di strada Miloud Oukili, del suo arrivo in Romania nel ’92, dopo la fin di Ceausescu, e del suo incontro con i boskettari, i
bambini dei tombini, che vivono randagi, dormono nel sottosuolo di Bucarest, nelle condotte dove passano i tubi per il
riscaldamento e sopravvivono con furti, accattonaggio e prostituzione. Parada è la storia commovente della loro amicizia […]

5 marzo
RIPARO di Marco Simon Puccioni (Italia 2007, 100’)
[…] al secondo lungometraggio (dopo Quello che cerchi 2001) Puccioni realizza un bel dramma da camera. Al ritorno da una
vacanza in Tunisia, Anna (Maria De Medeiros) e Mara (Antonia Liskova) si accorgono che un giovane immigrato,
Anis (Mounir Ouadi), attratto dall’Europa come migliaia di suoi coetanei, ha viaggiato con loro. Comincia così un moto di
relazioni, che cambierà la loro vita tranquilla, romperà l’equilibrio precario ma certo in cui credevano di esercitare il controllo
[…]

12 marzo
RACCONTI DA STOCCOLMA di Anders Nilsson (Svezia-Germania 2007, 133’)
[…] Anders Nilsson racconta, unificandole sotto lo stesso schema concettuale, al di là delle differenze apparenti, tre storie di
rottura del silenzio sulla violenza, tre storie, non intrecciate, che formano un trittico: i destini, impediti nella felicità, di Leyla,
figlia di una famiglia mediorientale, cresciuta secondo un rigido codice; di Carina, madre generosa e giornalista, umiliata dalle
percosse di un marito geloso, e di Aram, giovane proprietario di un locale, innamorato di uno degli uomini della sicurezza […]

19 marzo
ONCE di John Carney (Irlanda-USA 2007, 87’)
[…] a Dublino il regista irlandese Carney realizza un musical eccentrico, girato con taglio documentaristico, camera a mano e
luci di scena limitate, cast formato da attori non professionisti. Un busker (suonatore ambulante) canta l'amore perduto e sogna
il contratto discografico e una vita a Londra. Incontra una giovane immigrata ceca, lavoratrice, ragazza madre responsabile e
pianista di talento. Un casto amore e la passione per la musica li unisce a comporre il disco della loro anima profonda […]

26 marzo
CORAZONES DE MUJER di D Sordella e Pablo Benedetti (Italia 2008, 85’)
[…] lo pseudonimo dei due registi e produttori, Kiff Kosoof (parola araba che sta per eclisse) investe una tensione narrativa
rivolta all’asse nord –sud, Torino-Marocco in questo caso. Il film racconta la storia vera di un sarto, Shakira, travestito di
origine marocchina, e Zina, una promessa sposa, cui deve cucire l’abito da sposa, che ha perso la verginità. Se sposarsi così,
Zina non può, saliranno allora al volante di una vecchia spider, da Torino fino in Marocco, per salvare l’onore perduto e la vita
[…]

2 aprile
HAITI CHERIE di Claudio Dal Punta (Italia 2007, 100’)
[…] il cineasta Dal Punta realizza questo film con attori non professionisti. La storia, provocatoriamente ingenua e didascalica,
racconta la vita di Jean-Baptiste e Magdaleine, al lavoro in una piantagione di canna da zucchero della Repubblica
Dominicana, con il loro unico figlio morto per stenti. La donna vuol tornare ad Haiti per quanto i suoi familiari siano stati
massacrati. L’uomo vuole rimanere per trovare un altro lavoro. Qualcosa infine li spinge a fuggire dal paradiso dei turisti.[…]

9 aprile
O JERUSALEM di Elie Chouraqui (Israele 2006, 99’)
[…] questo tipico film, pieno di contraddizioni cinematografiche, cerca di raccontare in modo semplice, la nascita dello Stato
di Israele, dopo la Seconda Guerra Mondiale, attraverso l’amicizia difficile di Bobby, un ragazzo di origine ebraica, e di Saïd,
un giovane arabo, da New York, città ancora euforica, a Gerusalemme, città invece sempre più divisa. La Storia grande, con la
sua interminabile serie di eventi tragici, riflessi nelle storie individuali, mette alla prova l’amicizia cresciuta in un clima diverso
[…]

16 aprile
IL GIARDINO DEI LIMONI di Eran Riklis (Israele 2008, 106’)
[…] presentato al Festival di Berlino 2008, il nuovo film di Eran Riklis (La sposa siriana) è un racconto lieve, carico però di
simboli. L’appezzamento familiare di Salma, un giardino di limoni che per anni ha coltivato assieme al padre, è proprio al
confine tra Cisgiordania e Israele. La vedova palestinese, nella sua casa da sempre, si opporrà con tutte le sue forze
all’abbattimento della limonaia che il nuovo vicino, il ministro della difesa israeliano, esige per la sua sicurezza […]

23 aprile
IL PASSATO di Hector Babenco (Argentina 2007, 106’)
[…] Hector Babenco, non dimenticato autore di Pixote, la legge del più debole (1981), Il bacio della donna ragno (1985),
Corazon iluminado (1996), Carandiru (2006) e di qualche incursione hollywoodiana, adatta un romanzo e racconta la diversità
tra uomini e donne di fronte alla separazione. Il passato è un ritratto di come l'amore agisce quando finisce. Sofía (Analía
Couceyro) si consuma per questo e vuole ricominciare. Rimini (Gael García Bernal) vuole cominciare ogni volta con un’altra
[…]

30 aprile
LA FABBRICA DEI TEDESCHI di Mimmo Calopresti (Italia 2008, 90’)
THYSSENKRUPP BLUES di Pietro Balla e Monica Repetto (Italia 2008, 73’)
[…] doppio programma per il primomaggio con questi due documentari di differente impostazione: il primo racconta,
attraverso testimonianze e interviste la tragedia della ThyssenKrupp, nella quale persero la vita sette operai nella notte tra il 5 e
6 dicembre. Nel prologo gli attori Valeria Golino, Monica Guerritore, Luca Lionello, Silvio Orlando, Rosalia Porcaro,
Vincenzo Russo e Giuseppe Zeno impersonano i parenti delle vittime e rievocano i momenti prima della tragedia; il secondo
ricostruisce invece la tragedia attraverso la storia dell’operaio Carlo, scampato alla morte, e delle sue peripezie di vita […]

7 maggio
LE TRE SCIMMIE di Nuri Bilge Ceylan (Turchia 2008, 109’)
[…] il regista turco Ceylan (Kasaba 1997, Uzak 2002, I Klimler 2006) compone un dramma familiare potente, che si sviluppa
da un incidente automobilistico. Un uomo viene investito e abbandonato dall’auto di un uomo politico, che chiede al suo
autista di assumersene la responsabilità. Il Marito (l’autista) sta in carcere per poco tempo, in cambio di denaro, la Moglie
riscuote il denaro e lo tradisce con il politico, il Figlio cerca di reagire. Tutto precipita nel gioco delle tre scimmie leggendarie
[…]

14 maggio
SOUND OF MOROCCO di Giuliana Gamba (Italia 2008, 90’)
[…] il film di Giuliana Gamba documenta il metissage marocchino, radice di una cultura avanzata, avversato dagli
integralismi politici e religiosi. Il viaggio in questa mescolanza avviene attraverso le vite di tre artisti marocchini che vivono e
lavorano in paesi europei diversi. Salah Edin in Olanda, il primo artista che ha fatto conoscere l’hip hop arabo nel mondo
legandolo alla tradizione chaabische, Nour Eddine in Italia, l’emigrante che unisce suoni e atmosfere con i ritmi liberatori della
musica tradizionale, infine Sapho, l’ebrea di Marrakech che rinnova continuamente le sue radici musicali con un forte impegno
civile[…]

ORE 16 - 18,10 - 20,20 - 22,30
€ 4,50 - € 3 (under 25 e over 65)
Rassegna promossa dall’associazione Casa dei Popoli
con il patrocinio del Comune di Foligno – Assessorato alla Politiche Sociali
a cura di Roberto Lazzerini

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lunedì 15 dicembre 2008

"Nero perugino". Perugia a confronto con il delitto di Meredith

Metti una sera cinque scrittori intorno ad un tema, aggiungi un'esperta intervistatrice, luci basse, divani comodi e un pubblico entusiasta fino ad esaurimento posti, e lo spettacolo può iniziare.

In principio era una commissione. Un lavoro a richiesta che ha coinvolto 4 rodate penne, che in tutto fanno cinque affermati scrittori: Michael Gregorio, Massimo Carlotto, Giampiero Rigosi e Grazia Verasani. Dato il genere, massima libertà su tempo, intreccio e protagonisti. Per loro un unico vincolo: il luogo.

E'così che ieri sera Perugia è uscita dal pestaggio mediatico, a cui è stata sottoposta nell'ultimo anno attraverso la spettacolarizzazione del caso riguardante la giovane studentessa uccisa, per entrare in una dimensione che i perugini e i tanti fan della città dovrebbero sentire molto più vicina: quella letteraria.

Sulle tracce dell'assassino Perugia si è aperta questa volta con i suoi vicoli medioevali, con un panorama mozzaffiato dal campanile del Duomo, con le scalette di S. Ercolano, la Terrazza e tanti altri scorci appena sfiorati nei quattro racconti brevi. E di fronte a tanta meraviglia lo stupore ha voluto confrontarsi, ancora una volta, con quella immagine della casetta di Meredith, che da sola è stata in grado di negare tutto il resto.

Giampiero Rigosi fa notare che in città è difficile non parlare del caso in questione quando piazza Matteotti è invasa dai furgoni delle Tv che seguono le udienze del processo, ma "la città ha subito una violenza e la rielabora, parlandone, scrivendone". Anche secondo Michael Jacob un modo per metabolizzare è parlarne. Ma Massimo Carlotto commenta: "Trovo incredibile che un caso del genere sia la prima notizia del telegiornale. Con questo meccanismo il paese ha perduto il rispetto per la verità." Di certo, commenta Giovanna Zucconi, "la percezione della sicurezza viene molto influenzata dal mezzo televisivo."

Il talk show scorre piacevolmente, guidato dalle domande della giornalista, fra considerazioni a margine, puntualizzazioni necessarie e simpatici siparietti dei coniugi Daniela di Gregorio e Michael Jacob che con lo pseudonimo Michael Gregorio, firmano da anni gialli di successo, ambientati in diverse epoche storiche.
E' verso la fine che un'affermazione dello scrittore di noir, Massimo Carlotto, provoca uno scoppio d'ilarità in sala, "a Perugia se arrivasse un killer prenderebbe sicuramente il minimetrò."

L'evento ospitato dal Teatro Pavone è stato ideato dall'Assessorato alla Cultura e alle Politiche Giovanili del Comune di Perugia.


Isabella Rossi

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sabato 13 dicembre 2008

L'Italia degli «atenei inutili». In 33 nemmeno una matricola

Articolo di Gian Antonio Stella, dal sito del Corriere della Sera.

Zero, zero, zero, zero, zero... È tutta lì, la fotografia della follia dell'Università italiana. Nella ripetizione per 33 volte, nella casella «immatricolati» di altrettanti «atenei» distaccati, del numero «0». Neppure un nuovo iscritto. Manco uno. Prova provata che la decisione megalomane e cocciuta di volere a tutti i costi almeno un corso di laurea sotto il campanile era totalmente sballata. Il dato, che conferma le denunce più allarmate, è contenuto nel Rapporto annuale 2008 sul nostro sistema universitario.
Il rapporto (i cui dati sono del 2007, qua e là aggiornati fino alla primavera scorsa) viene presentato oggi da Mariastella Gelmini. E possiamo scommettere che accenderà un dibattito infuocato. Perché delle due l'una: o queste cifre sono corrette (e se è così in molti casi serve un lanciafiamme) o lo sono solo in parte. E in questo caso il quadro sarebbe paradossalmente ancora più grave. Ogni numero del documento, infatti, risulta ufficialmente fornito alla banca dati del Miur dagli stessi atenei. Il rapporto, si capisce, offre una carrellata su un sacco di cose. Dice che gli studenti stranieri sono al massimo il 7,1% (a Trieste) e si inabissano allo 0,1 a Messina. Riconosce che la spesa media per ogni giovane iscritto negli atenei statali è di 8.032 euro contro i 15.028 che vengono spesi in Austria o i 23.137 in Svizzera. Spiega che siamo «al terzo posto al mondo, e addirittura al primo in Europa, per accessibilità, cioè per il numero di università (e relativi studenti) che si trovano tra le prime 500 università», ma che al contrario scivoliamo al 30˚ «per Flagship, ovvero per la qualità delle primissime università». Denuncia che le spese per il personale sono passate dal 2001 al 2006 da 5 miliardi e 764 milioni di euro a quasi 8 miliardi. Annota che l'età media dei docenti si è inesorabilmente alzata ancora.

LE CLASSIFICHE Riporta le classifiche mondiali elaborate dalla Quacquarelli Symonds, secondo le quali abbiamo solamente 10 università nelle prime 200 d'Europa (contro 47 del Regno Unito, 37 della Germania, 19 della Francia o 12 dell'Olanda, che ha un quarto dei nostri abitanti) e per di più queste, ad eccezione del Politecnico di Milano, di Padova e della Federico II di Napoli, perdono nel 2008 nuove posizioni rispetto alla già scoraggiante hit-parade dell'anno precedente. I numeri più impressionanti, però, sono forse quelli che dimostrano l'assurdità della moltiplicazione di «città universitarie». Cioè di paesotti, borghi e contrade a volte microscopici che hanno fortissimamente voluto qualcosa che potesse definirsi «universitario» come simbolo di riscatto o di promozione sociale alla pari di uno svincolo autostradale o di una circonvallazione. Una mania ridicolizzata dal costituzionalista Augusto Barbera con una battuta irresistibile: «Sogno di trovare all'ingresso dei paesi il cartello "comune de-universitarizzato"».
Un esempio per tutti? Poggiardo, seimila anime tra Maglie e Santa Cesarea Terme, in provincia di Lecce, dove il sindaco Silvio Astore non si è dato pace finché non ha avuto un distaccamento della Lum, Libera università mediterranea: «Il nostro paese è oramai una meravigliosa realtà accademica d'eccellenza e concorre a pieno titolo a un rilancio culturale del tessuto socioeconomico del territorio». Dice dunque il Rapporto annuale del ministero, liquidando questi «napoleonismi» campanilistici, che su 239 «città universitarie» inserite nel «catalogo» (anche se i conti non tornano con altri studi, come quello di Salvatore Casillo, Sabato Aliberti e Vincenzo Moretti, tre docenti salernitani autori mesi fa di un censimento che aveva contato 251 comuni che ospitavano almeno un corso di laurea) molte esistono ormai solo sulla carta. E dopo essere appassite in una manciata di anni, risultano somigliare a certi Enti Inutili che si trascinano dietro pendenze varie che ne ostacolano l'immediata soppressione.

SENZA STUDENTI Numeri ufficiali alla mano, 42 «atenei» hanno meno di cinquanta immatricolati, 20 ne hanno meno di venti (Moncrivello, Bisceglie e Pescopagano 12, Caltagirone e Andria 11, Figline Valdarno 5, Trani uno solo) e trentatré, come dicevamo all'inizio, non hanno più un solo studente che si sia aggiunto agli iscritti precedenti. Iscritti che in rari casi erano abbastanza numerosi (esempio: 480 ad Acireale), ma nella grande maggioranza dei casi erano già talmente pochi da fare impallidire chi si era incaponito sulla voglia di aprire una sede che potesse dirsi «universitaria». Venticinque studenti in totale al corso di «Tecniche erboristiche» a Bivona (dove non ci sono mense né pensionati né postazioni Internet né laboratori né biblioteche), 41 a Sanluri, che coi suoi 8.519 abitanti è il capoluogo della provincia sarda di Medio Campidano, 11 nell'emiliana Varzi, 4 a Corigliano Calabro e nella siciliana Vittoria. E poi un solo sopravvissuto a Spoleto, Città della Pieve, San Casciano in Val di Pesa... Al di là di questo e quel caso singolo, più o meno tragico o ridicolo, è un po' tutto il sistema da riformare. Lo dice, ad esempio, il presidente della Provincia di Agrigento Eugenio D'Orsi. Il quale, in crisi coi conti, ha sparato a zero sul modo in cui è stato costruito il polo universitario agrigentino, legato a quello di Palermo, dicendo che è del tutto «superfluo avere ben 17 corsi di laurea uno dei quali addirittura con un solo studente». Tanto più che un docente portato a insegnare nella valle dei Templi costa quasi il triplo più che nella città di santa Rosalia.

«MODELLO CELANO» - Al «modello Celano» è stata dedicata qualche settimana fa un'inchiesta del Messaggero. Che si è chiesto che senso avesse mettere su, in un «borgo montano sperduta nel nulla » con le aule affacciate sui monti della Marsica, un corso di laurea in Ingegneria Agro-Industriale. Corso partito quest'anno con 17 matricole e 7 professori. Uno ogni due studenti. Il tutto finanziato («Noi non ci rimettiamo un euro», ci tiene a spiegare il rettore dell'Università dell'Aquila Ferdinando di Orio) da un Consorzio voluto dal Comune, banche e alcune aziende locali. Il record però, probabilmente, è di Sorgono, un paese sardo che coi suoi 1.949 abitanti è meno popolato di certi palazzoni popolari nelle periferie delle metropoli. Senza una facoltà proprio non riusciva a stare. Adesso c'è un corso di laurea in Informatica. Se dovesse non essere sufficiente (nessun immatricolato nuovo, ma i vecchi iscritti sono 38: wow!), il panorama nazionale è in grado di suggerire un mucchio di corsi alternativi. Tra le migliaia e migliaia già offerti ai più fantasiosi studenti italiani, almeno alcuni meritano una segnalazione: «Scienze e Tecnologie del Fitness e dei Prodotti della Salute», «Scienze del Fiore e del Verde», «Etologia degli Animali d'Affezione»...

Gian Antonio Stella

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venerdì 12 dicembre 2008

Crisi economica, in Italia uno tsunami sui redditi delle donne

Per ora la condanna della Corte Giustizia Europea che richiede l’innalzamento dell’età previdenziale per le donne e la sua omologazione a quella maschile, non avrà conseguenze in Italia. Ovvero l’Italia attribuisce alla differente età previdenziale un’azione risarcitoria rispetto alle disparità di trattamento economico e alle difficoltà di accesso al mercato del lavoro che colpiscono le donne. I giudici lussemburghesi oppongono, tuttavia, che tale differente età previdenziale non è affatto riuscita a colmare negli anni gli svantaggi ai quali sono sottoposte le carriere delle donne.

Il vantaggio previdenziale, di fatto, convive con discriminazioni e svantaggi riscontrabili solo nei paesi del terzo mondo. E se il 57% delle donne italiane sono disoccupate, con la crisi questo livello rischia fortemente di scendere ancora.

Ed è proprio per riflettere sulla situazione che alcuni giorni fa Emma Bonino, vice presidente del Senato, ha chiamato un gruppo di deputati e senatori radicali nel Pd ad esprimersi. “In pensione quando, al lavoro come?” era il tema del forum, più in generale si è discusso dell’impatto della crisi economica sulle donne. Un impatto che si prevede, inutile negarlo, disastroso.

Sulle donne occupate, che hanno in maggioranza contratti flessibili e molto più degli uomini in Italia difficoltà di accesso al mercato del lavoro, la recessione economica si abbatterà come uno tsunami.

Per eliminare gli svantaggi a cui sono sottoposte le carriere delle donne Renata Polverini, segretario Ugl, richiede che all’aumento dell’età corrisponda un bonus previdenziale per ogni figlio. Per la CGL, invece, occorre invertire le priorità. Cominciare, cioè, dagli ammortizzatori sociali visto che le donne saranno le più penalizzate dalla recessione.

Secondo Emma Bonino la sentenza della Corte di Giustizia Europea potrebbe diventare un’occasione di riscatto. L’equiparazione avrebbe l’effetto di mandare più tardi in pensione un 20% della popolazione con un risparmio per lo Stato di 250 milioni di euro. Tuttavia in cambio dell’equiparazione dell’età pensionabile occorerebbe il risparmio per incentivi fiscali sul lavoro delle donne o introducendo contributi figurativi previdenziali per ogni figlio, secondo la presidente Bonino.

Quello che si vuole cambiare è una certa logica di tutela delle donne che include da sempre anche le note discriminazioni. Come dire: pensione prima ma niente carriera, niente servizi di cura e assistenza, dato che se trovare lavoro in Italia è un "onore" per una donna, l'onere del lavoro di cura la politica lo vuol far gravare tutto sulle sue spalle, come hanno dimostrato i programmi elettorali di Pd e Pdl, in cui si proponeva la defiscalizzazione dei redditi femminili a fronte di comprovate spese di cura, o l'ancora più esplicito quoziente familiare. Altro che welfare, si abbassa il lavoro retribuito delle donne e si innalza quello gratuito. A questa logica hanno risposto le politiche dei partiti di maggioranza. Ma tali strategie saranno ancora sostenibili in fase di recessione? Le donne che le hanno accettato, consapevomente o inconsapevolmente, continueranno a dare fiducia alla politica che le penalizza? Sicuramente la recessione fornirà una risposta a questi quesiti.
Isabella Rossi

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mercoledì 10 dicembre 2008

"Rose rosse", un centro antiviolenza salva una giovane umbra e i suoi figli

Inizia oggi la collaborazione con Isabella Rossi, giornalista della rivista on-line Umbrialeft, che periodicamente metterà a nostra disposizione alcuni dei suoi interessanti articoli. Socialmente Giovani la rigrazia per la disponibilità.



“Rose rosse” edito da Eranuova (Novembre 2008, 8 euro) è il memoriale di una donna vittima di violenza. Una testimonianza che lascia senza fiato. Non solo perché l'autrice, Beatrice Lilli, è un'umbra cresciuta e residente a Spoleto. Sorprendente è apprendere che colei che narra i fatti è una donna, nata poco prima del 68’, con una maturità scientifica di 54 su 60, con un diploma d’insegnante di ballo e l’aspirazione di laurearsi per esercitare la professione d'insegnante di educazione fisica.

Beatrice è una ragazza come tante altre. Sogna una vita migliore, sa di poter contare su se stessa. Poi, un momento di debolezza, un contesto familiare difficile, la decisione di sposarsi a soli 22 anni per fuggirne via, e tutto cambia. E’ così che inizia la spirale di violenze inaudite, di sofferenza fisica e morale che fa di Beatrice una vittima di uomini senza scrupoli. Uomini che puntualmente e inesorabilmente invocano il suo cieco e generoso perdono. Sempre, ogni volta, anche quando per lei il perdono della violenza avviene al prezzo della negazione di sé. Rose rosse, appunto.

Intanto ci sono tre figli e la speranza di riuscire a trasformare la violenza in amore. Ma i particolari agghiaccianti delle ferocie domestiche non sfuggono alla narrazione lucida e asciutta dell’autrice. Al contrario, vanno insieme alle promesse di cambiamento, così come il male assoluto, a volte, s’accompagna al bene. Non c’è contraddizione perché il limite, quel confine segnato dall’amor proprio e dall’autostima, è stato superato, troppe volte oltraggiato.

Il calvario di Beatrice non ha niente di umano, infatti. E’inaccettabile, è inguardabile come tutte le verità che non si comprendono ma che sono parte integrante della realtà italiana. Guardarle in faccia, invece, è ora più che mai indispensabile e urgente, visto che la violenza sulle donne, così come i “femminicidi”, è in aumento in Umbria e in Italia.

Ma il memoriale in questione non è soltanto la testimonianza di un calvario dato che non è la sofferenza a concludere la vicenda dell’autrice, bensì il riscatto. A 39 anni alla casa rifugio Zefiro, ad Ancona, Beatrice ha ricominciato a vivere. Ha ricevuto cure mediche, ha seguito una terapia, ha preso consapevolezza di se stessa, ha voluto che anche i suoi tre figli, che erano stati temporaneamente affidati ai servizi sociali, fossero seguiti da uno psicanalista per riuscire a rielaborare il loro difficile vissuto.

Da allora Beatrice ha anche iniziato un percorso di impegno civile e sociale contro il fenomeno della violenza sulle donne, portando la sua testimonianza alla trasmissione “Racconti di vita” su Rai3, ad un Convegno Nazionale sulla Violenza alle Donne e lavorando come volontaria al telefono donna di Terni. E tutto ciò non sarebbe stato possibile senza l’aiuto di un centro antiviolenza che si trova nei pressi d'Ancona. Peccato che l'Umbria non ne sia ancora dotata e che tante, troppe donne umbre non abbiano mezzi per sottrarsi alla violenza domestica e ricominciare a vivere.

Il libro è stato recentemente presentato alla Sala Duchi Longobardi del Palazzo Comunale di Spoleto dall'Associazione Donne contro la guerra, con il patrocinio del Comune di Spoleto e del Centro Pari Opportunità Regione Umbria.


Isabella Rossi

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martedì 9 dicembre 2008

Intervista a Michel Druin, coordinatore della carovana regionale umbra dei beni comuni


Testo del video
Nelle giornate del 5, 6 e 7 dicembre 2008, si sono tenute in varie località dell’Umbria una serie di iniziative che hanno avuto come tema la difesa dei beni comuni. I movimenti territoriali della regione si sono uniti insieme per chiedere nuovi criteri di gestione della risorsa pubblica, criteri che non siano dettati – come troppo spesso è avvenuto di recente – solamente da interessi economici privatistici. La carovana si è conclusa in Piazza Italia a Perugia con un sit-in dei comitati partecipanti, che hanno simpaticamente allestito dei pacchi natalizi da consegnare alla Regione e contenenti un simbolico promemoria delle vertenze in discussione. Nel partecipare a questa iniziativa, abbiamo realizzato un’intervista con uno degli organizzatori della carovana, Michel Drouin, che è anche uno dei responsabili del forum regionale sui beni comuni. A Michel abbiamo chiesto un bilancio sulle vertenze territoriali nella nostra regione, cercando di capire a quale grado di maturità e di partecipazione siano giunti i movimenti territoriali nella loro esperienza di lotta.

Michel, tu sei uno dei coordinatori della carovana regionale dei beni comuni che in corso in questo primo week-end di dicembre in varie località dell’Umbria. Spieghiamo allora in cosa consiste questa iniziativa e quali sono i motivi per cui i movimenti territoriali umbri hanno deciso congiuntamente di manifestare e scendere in piazza.
È molto semplice. Quando ci sono dei cittadini in un posto, in un posto anche piccolo come Olmeto di Marsciano, che è una frazioncina di un borgo (Marsciano ha 20 mila persone, Olmeto sono 300 persone) e queste 300 persone hanno una vertenza, un problema di territorio, di sfruttamento della risorsa e hanno un problema con l’amministrazione comunale che disattende la loro vita e che lede ai loro diritti, sono però solo 300 cittadini di una frazione di un borgo dell’Umbria. Allora noi che cosa facciamo come forum? Il forum è uno spazio dove ogni cittadino può entrare e dire che io voglio dire la mia e che da me succede questo. Che non riesco più ad aprire la finestra perché c’è la puzza, che rimango 70 giorno senza acqua dentro un borgo come Giove (nel Ternano, n.d.r.), etc. Queste sono delle vertenze che vanno messe insieme in modo che le lotte si intreccino insieme. Perché queste lotte non sono un problema locale di cinque cittadini ma è un problema di cattiva gestione a livello globale del territorio.

Quante vertenze aperte ci sono in regione, più o meno?
Troppe, veramente troppe. Una quantità indescrivibile, non si possono citare tutte. Come puoi vedere, ognuno qui ha portato un pacchetto regalo da dare alla Regione. Ognuno di questi pacchi è un comitato, è una vertenza a sé sul territorio umbro. Le vogliamo contare? Sono più di una ventina e tutte per il problema della cattiva gestione del territorio, senza consultare mai i cittadini. I cittadini sembra che firmino un assegno in bianco quando vanno a votare, non può essere così. Noi infatti parliamo di democrazia partecipativa, dove il cittadino partecipa alla vita politica…

Quindi tu ritieni che le istituzioni politiche non ascoltano quelle che sono le esigenze dei cittadini?
Non solo non ascoltano, ma per i più è ancora peggio. Oggi come oggi c’è una connivenza tra partiti politici (e quando dico partiti politici dico tutti, dall’estrema sinistra all’estrema destra) e il potere economico-finanziario. E qui in Umbria i partiti sono conniventi anche con la giustizia. Questi sono fattori gravissimi. Come è possibile che si vada a costruire un inceneritore in Umbria con i soldi dei cittadini? Pensa ai famosi CIP6 che dovrebbero servire per le energie rinnovabili e invece vanno a servire gli inceneritori, da cui poi escono tante ceneri tossiche e nocive che vogliono discariche speciali e costi alti…

L’accusa che viene fatta generalmente ai movimenti territoriali è quella di ragionare secondo una logica esclusivamente localistica, nel senso che si guarda solamente al proprio territorio e non a quello che potrebbe essere l’interesse globale. È quello che, in termini dispregiativi, viene definita la logica Nimby ( acronimo inglese che sta per “non nel mio giardino”,n.d.r.)…
Guarda, non esiste una logica Nimby! Se io nel mio piccolo ho un problema di acqua, questo significa che la gestione dell’acqua, nel suo insieme, anche a livello nazionale e addirittura internazionale, è una gestione che parla di mercificazione dell’acqua. Allora io nel mio piccolo, a Giove, non ho l’acqua. Ma non è una sindrome Nimby. Non è solo Giove che non ha l’acqua. C’è l’acqua del Rio Fergia che la vogliono imbottigliare per fare la Rocchetta-Idrea…

Quindi tu pensi che i movimenti territoriali in Umbria abbiano superato questo tipo di logica e riescano a ragionare con una logica più matura, più complessiva…
La dimostrazione eccola. Hanno formato il forum umbro dei movimenti in lotta per i beni comuni. Non sono più dentro il loro territorio per avere l’orto un po’ più grosso, ma sono qua a chiedere alla Regione dei diritti. È molto diverso. Non vado più dal sindaco [a chiedere] dove posso mettere il mio pollaio ma vengo alla Regione perché voglio che il mio diritto sia rispettato, il mio diritto di cittadino che sta vivendo sul territorio.

Infine un’ultima domanda. Ti chiedo una considerazione sulla partecipazione popolare. Innanzitutto questi comitati sono realmente rappresentativi della volontà popolare? E comunque, questa partecipazione ─ aldilà dei responsabili dei comitati ─ riesce a coinvolgere la gente comune?
Ti rispondo subito. In Italia, nella prima metà del 2007, abbiamo raccolto oltre 400 mila firma per una legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua. Non quattro persone ma 400 mila cittadini italiani che hanno firmato una legge di iniziativa popolare, poi completamente disattesa da tutti i partiti politici. Quindi c’è un grosso problema di democrazia. Come fai tu governo, tu eletto, a non prendere in considerazione 400 mila firme di una proposta di legge? È impossibile. Teniamo conto poi che questi partiti politici non la vogliono proprio vedere questa legge: sta lì nel cassetto da oltre un anno e nessuno vuole aprirlo quel cassetto. Tanto è vero che, ad agosto, è passato il Decreto Legge 133 che parla di privatizzazione dei servizi pubblici e quindi anche dell’acqua (entro il 2012, [si stabilisce] di privatizzare e di prendere in gestione, attraverso le S.p.a., il servizio idrico).

Comunque questa partecipazione, secondo te, per fortuna c’è. In particolare i giovani ci sono in queste lotte territoriali, partecipano, danno dei contributi?
Io vado in giro per i territori e vedo giovani, vecchi, anziani, donne, bambini. Vedo di tutto. Quello che non vedo sono politici, sindaci, assessori…Questo è grave, questo è molto grave.


Sulla carovana dei beni comuni, guarda anche il video con le testimonianze dei comitati.



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lunedì 8 dicembre 2008

Carovana dei beni comuni: le testimonianze dei comitati



In occasione della manifestazione conclusiva della carovana regionale dei beni comuni, tenutasi a Perugia domenica 7 dicembre, abbiamo realizzato un video con le testimonianze di alcuni movimenti territoriali umbri. In particolare, sono riportati gli interventi dei responsabili dei seguenti comitati:
  • Comitato Umbro Acqua Pubblica;
  • Comitato tutela ambientale Valnerina;
  • Comitato per la Tutela del Territorio Amerino;
  • Studenti dell'Onda Perugina;
  • Comitato Genitori Insegnanti Perugia;
  • Comitato RifiutiZero Perugia;
  • Comitato Ambiente Bettona;
  • Comitato Verità per Aldo (per voce di Michel Drouin);
  • Comitato Giuseppe Coletti;
  • Cobas Umbria

Sulla carovana dei beni comuni, guarda anche l'intervista a Michel Druin
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giovedì 4 dicembre 2008

Nessuno si alza per andare a morire


Dal blog www.comitatogiuseppecoletti.blogspot.com, riportiamo la testimonianza di Fiorella Grasselli (*), vedova di Giuseppe Coletti, uno dei quattro operai morti nel tragico incidente della Umbria Olii di Campello sul Clitunno circa due anni fa

Sono trascorsi due anni da quella tragica giornata del 25 novembre 2006, ma per me è come se fosse successo ieri. Quando salutai Giuseppe la mattina lui mi disse:”torno alle 14,30”. Non sapevamo che non ci saremmo più rivisti.

Non mi andava che lavorasse anche di sabato e glielo dicevo spesso, ma lui era troppo affezionato al proprio lavoro!

Quando chiudo la porta di casa ora sono sola, intorno a me c’è un gran senso di vuoto. E so che lo stesso accade nelle altre famiglie dei colleghi di mio marito che quel giorno stavano con lui su quei maledetti silos. Oggi ho trovato la forza per venire qui, a parlare, e sono sicura che c’è lui vicino a me.

Ho trovato la forza,come sono riuscita a fare anche lo scorso anno,perché voglio sapere la verità. Per impedire anche che qualcuno dica che queste sono cose che possono capitare tutti i giorni. Voglio che quello che è successo a Campello due anni fa non venga dimenticato e desidero che venga fatta giustizia.

Ho tanta paura che ci si dimentichi di noi e di quello che è successo. Dopo due anni il processo ancora non è incominciato. Ma io penso che giustizia sia anche che il processo si faccia presto e che si scopra cosa è successo davvero e chi ha le colpe di quel fatto.

Se passano anni senza verità e senza risposte come si può onorare la memoria di chi è morto quel giorno? Che giustizia c’è in un mondo dove celebrare il processo devono passare tanti anni? Quando mio marito andava al lavoro lo faceva per la sua famiglia, per fare la sua parte nell’impresa in cui lavorava e nella comunità in cui viveva. E poi lui lavorava in questo ambiente e con queste mansioni da oltre 20 anni e mi diceva sempre che se un lavoro non era più che sicuro non lo avrebbe mai fatto.

E invece lo hanno anche accusato di essere stato lui ed i suoi colleghi a causare quel disastro. Lo hanno anche accusato di essere stato lui ed i suoi colleghi a causare la loro morte. Perché invece qualcuno non ha detto cosa c’era dove stavano lavorando e cosa potevano e non potevano fare lì sopra?

Per questo io sono sicura che non possono aver sbagliato loro. Nessuno si alza la mattina per andare a morire. Giustizia significa che la nostra storia,quella di mio marito e quella di tante altre famiglie come la mia, non cada nel dimenticatoio e che non si dica che si è trattato di una fatalità.

* Intervento letto il 25 novembre 2008 nel consiglio comunale di Campello sul Clitunno,nel ricordo dei 4 operai morti due anni fa, nella richiesta di giustizia e di memoria, incontro organizzato dalla municipalità e dalla “Carovana per il lavoro sicuro”

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mercoledì 3 dicembre 2008

Carovana regionale dei beni comuni

I movimenti per la difesa dei beni comuni dell'Umbria si mobilitano in difesa dell'interesse collettivo con un'importante manifestazione che si terrà in diverse località della regione dal 5 al 7 dicembre.


CAROVANA REGIONALE DEI BENI COMUNI
TRE GIORNI DI FESTA E DI MOBILITAZIONE IN DIFESA DEI BENI COMUNI E DELLA DEMOCRAZIA!
5-7 DICEMBRE 2008


Da circa 20 anni, con la favola del privato è meglio, abbiamo assistito allo smantellamento del patrimonio pubblico, attraverso la messa sul mercato di servizi, la svendita dei beni comuni, la mercificazione dei diritti, affidando tutto ciò alla logica della finanza, che, ha svuotato l'economia del valore del lavoro, dell'ingegno umano e delle esperienze maturate negli anni, a favore di speculazioni finanziarie che stanno producendo solo impoverimento dell'economia reale e delle persone.

I grandi colossi finanziari ricattano i governi con la LORO CRISI, minacciando il crollo economico generale e chiedono aiuto per proseguire il loro percorso di accaparramento delle risorse e distruzione dell'intera umanità. I governi, pronti a sostenere la finanza con i soldi pubblici, e continuare con la politica delle privatizzazioni, riducendo sempre più i diritti. Acqua, rifiuti, energia salute, reddito, lavoro, beni comuni..ed ora istruzione e saperi.

Anche a livello locale, le amministrazioni sostengono i profitti delle imprese, chiamandoli “sviluppo”, portando avanti una politica di devastazione dei territori e restringimento dei diritti e degli spazi sociali democratici.

Riprendiamoci il futuro con una nuova democrazia partecipata!

Le tappe della carovana

Venerdi 5 dicembre

- Perugia – P.zza Italia - dalle ore 16 Presidio del forum Umbro dei Movimenti in Lotta per i Beni Comuni (proiezioni, diffusione di materiale e altro)
- Orvieto: i comitati cittadini per i beni comuni e il comitato antifascista cittadino metteranno nella CARRETTA DEI RECLAMI le vertenze contro la discarica delle Crete, per la Ripubblicizzazione dell’acqua e contro la politica delle cave;
- Casa del Diavolo – Casa dei Popoli – ore 21,00 Il Comitato “Verità per Aldo” organizza il Concerto Benefit con “VILLA ADA POSSE” e “ASSALTI FRONTALI”

Sabato 6 dicembre

- Perugia – P.zza della Repubblica - dalle ore 16 Presidio del forum Umbro dei Movimenti in Lotta per i Beni Comuni (proiezioni, diffusione di materiale e altro)
- Amelia (TR) ore 15,30 - Biblioteca comunale da Attigliano passando per Giove, il comitato per la Tutela del Territorio Amerino, Legambiente, Italia Nostra, Forum dei cittadini di Amelia, Unione inquilini di Terni illustreranno le loro vertenze: pendolari, acqua, anti-pollificio, anti-Travisud,.
- Ferentillo (TR) ore 14,30 contro il progetto del nuovo acquedotto, contro l’appropriazione del fiume Nera il Comitato tutela ambientale Valnerina, Ophrys Valnerina, Il Comitato Don Chisciotte di Terni (CAI di Terni, Mountain Wilderness Umbria, Italia Nostra Valnerina) e il comitato Fiume Nera per tutti! danno appuntamento alle ore 14,30 alla “Passeggiata sulle rive del Nera”.
- Bettona, il Comitato Ambiente di Bettona, in lotta contro l’ampliamento della laguna di scarico degli allevamenti di 80.000 maiali presenti nel comune e contro l’inquinamento del Tevere da scarico dei liquami.
- Boschetto (Gualdo Tadino) - il Comitato tutela Rio Fergia dopo la vittoria del TAR, per la chiusura definitiva dei pozzi della Idrea/Rocchetta;

Domenica 7 dicembre

I comitati provenienti dai diversi territori, arriveranno alle ore 17,00 a Perugia in piazza Italia ed incontreranno:
- il Comitato Umbro Acqua Pubblica, che lotta per la ripubblicizzazione dell’acqua ha raccolto più di 5000 firme in Umbria per la legge d’iniziativa popolare.
- il CAAL
- comitato RifiutiZero Perugia contro il progetto del nuovo inceneritore in corso di approvazione sulle linee guida del “nuovo piano regionale dei rifiuti”
- Comitato Genitori Insegnanti Perugia contro la riforma Gelmini
- Studenti dell’Onda Perugina contro la privatizzazione degli atenei attraverso il trasferimento alle fondazioni
- Comitato “Giuseppe Coletti”

e tutti coloro che vorranno partecipare .

Sabato 13 dicembre

Borgo Cerreto (TR) Presidio con il comitato Fiume Nera per tutti! contro la concessione di 9 km del fiume in via esclusiva per la pesca no kill che ha introdotto i divieti di navigazione, balneazione e di pesca non a pagamento.

Contatti:
Elisabetta De Persio 3337826433 elisabeta63@libero.it
Michel Drouin 3381912990 mdrouin@libero.it
Vito Saturno 3387496710 vitosaturno@hotmail.com
Michele Pietrelli 3394576868 pietrelli66@libero.it

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martedì 2 dicembre 2008

Depenalizzazione dell'omosessualità: discriminazione verso chi?


Due ragazzi di 16 e 18 anni vengono impiccati nel 2006
in Iran per il reato di omosessualità.


Nella terra dove si può affermare tutto e il contrario di tutto senza obbligo di smentita, ormai non fa più di tanto scalpore l’ennesima presa di posizione della Chiesa contro gli omosessuali. Bisogna riconoscere quanto meno una certa coerenza, virtù assai rara in questo paese, da parte dell’istituzione ecclesiastica, la quale mantiene in materia di sessualità una direzione ferma e precisa.

Per quanto mi riguarda però, gli aspetti positivi si fermano qui perché le dichiarazioni del monsignor Celestino Migliore, prontamente segnalate dal nostro The Eye, sono sicuramente discutibili e per certi versi pericolose. L’inopportunità di tali affermazioni si manifesta, a mio avviso, in due direzioni distinte.

La prima cosa che non capisco è perché la Chiesa batta tanto il proprio martello, e con tanta foga, sul tema dell’omosessualità. La mia impressione è che il rapporto che essa ha con il sesso è fobico, quanto meno non sereno, quasi innaturale. Non mi addentro in questioni teologiche di cui non sono esperto, ma non capisco in cosa si esplica il peccato verso Dio quando l’uomo, che è sua immagine e somiglianza, segue le sue intime pulsioni; le quali si manifestano – mi dispiace che gli uomini di Chiesa la pensino diversamente – anche tra persone dello stesso sesso. Non capisco perché la Chiesa voglia addentrarsi nella sfera privata delle persone o perché metta in discussione questo diritto sacrosanto, vale a dire il rendere possibile il desiderio di due persone che realmente si amano, di dare vero compimento alla propria vita. Perché invece non approfittare dell’alta valenza morale di cui è riconosciuta per condannare con più veemenza coloro che danno inizio a guerre, deturpano l’ambiente o gettano il prossimo nella disperazione per mero interesse personale?

Il secondo aspetto di inopportunità, e da questo punto di vista non capisco come il Vaticano possa essere ancora così miope, è che questo tipo di dichiarazioni alimentano una cultura dell’intolleranza verso cui la Chiesa dovrebbe esprimere invece una ferma condanna. Papa Ratzinger ha richiamato più volte nelle sue omelie una cultura del rispetto e dell’amore reciproco, ha invocato giustamente la libertà di espressione e di pensiero per quei Cristiani che vivono in terre dove prevale un fondamentalismo religioso di altra natura. Nella nostra Italia, tuttavia, è ancora difficile per una qualsiasi persona esprimere un’ identità sessuale non “convenzionale”. La Chiesa ha certamente grandi responsabilità in questo senso e tali dichiarazioni non rendono certo più facile la situazione.

“Non dobbiamo mettere alla gogna i paesi che non riconoscono le unioni gay”, ci dice il monsignor Migliore. Noi non mettiamo alla gogna nessuno, incominciamo tuttavia a dire che nel mondo ci sono ottanta e più paesi che puniscono legalmente il reato di omosessualità. Che forse a discriminare sono i nove paesi che prevedono la condanna a morte per chi è riconosciuto gay o i tanti altri che prevedono il carcere a vita o la tortura. E che l’iniziativa del ministro francese per i diritti umani Rama Yade è una tappa fondamentale per quel cammino di civiltà che possa portare finalmente un giorno al riconoscimento pieno della dignità della persona, aldilà delle differenze di sesso, religione e pensiero.

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lunedì 1 dicembre 2008

C'era una volta il Medio Evo..

Riporto un interessante articolo disponibile su http://www.repubblica.it/2008/11/sezioni/esteri/benedetto-xvi-27/vaticano-omosessualita/vaticano-omosessualita.html

Depenalizzazione dell'omosessualità. No del Vaticano alla proposta Onu
Il Vaticano si oppone alla proposta di depenalizzazione universale dell'omosessualità, presentata all'Onu dalla Francia. L'osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, monsignor Celestino Migliore, ha spiegato che l'Onu non deve depenalizzare l'omosessualità perché ciò porterebbe a nuove discriminazioni, in quanto gli Stati che non riconoscono le unioni gay verranno "mesi alla gogna". "Tutto ciò che va in favore del rispetto e della tutela delle persone - ha affermato l'arcivescovo - fa parte del nostro patrimonio umano e spirituale. Il Catechismo della Chiesa cattolica, dice, e non da oggi, che nei confronti delle persone omosessuali si deve evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione". "Ma qui - ha aggiunto Migliore, in riferimento alla proposta che la Francia ha intenzione di presentare all'Onu in favore della depenalizzazione dell'omosessualità nel mondo intero - la questione è un'altra. Con una dichiarazione di valore politico, sottoscritta da un gruppo di paesi, si chiede agli Stati ed ai meccanismi internazionali di attuazione e controllo dei diritti umani di aggiungere nuove categorie protette dalla discriminazione, senza tener conto che, se adottate, esse creeranno nuove e implacabili discriminazioni".
"Per esempio - ha detto l'arcivescovo all'agenzia cattolica I-Media - gli Stati che non riconoscono l'unione tra persone dello stesso sesso come "matrimonio" verranno messi alla gogna e fatti oggetto di pressioni".
Durissima la replica dell'associazione Arcigay: "È di una gravità inaudita che il Vaticano, e quindi, la Chiesa cattolica tutta, si adoperi affinché questa richiesta non passi e, si prefigura come un vero e proprio atto di condanna a morte contro i milioni di gay e di lesbiche che hanno la sfortuna di abitare in paesi sanguinari". L'Arcigay ricorda che in 91 Paesi del mondo sono previste sanzioni, torture, pene e persino l'esecuzione capitale (10 paesi islamici) contro le persone omosessuali. "La scusa per cui la richiesta francese non dovrebbe passare perché da quel momento gli stati che non riconoscono le unioni gay sarebbero messi all'indice, - conclude l'Arcigay - non solo non ha alcun senso, ma è una studiata e cinica bugia per nascondere ciò che realmente il Vaticano vuole: mantenere la pena di morte e il carcere per le persone omosessuali". Monsignor Migliore si dice anche "indignato e rattristato" dal progetto di introdurre l'aborto tra i diritti umani promosso da alcune associazioni sempre all'Assemblea Generale dell'Onu. L'iniziativa "rappresenta l'introduzione del principio homo homini lupus, l'uomo diventa un lupo per i suoi simili", afferma il presule. "Questa è la barbarie moderna che, dal di dentro, ci porta a smantellare le nostre società".

Sull'argomento, guarda nel blog anche l'intervento:
Depenalizzazione dell'omosessualità: discriminazione verso chi?

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Lo sguardo di uno straniero...

Riporto un bellissimo pensiero che era pubblicato in dei manifesti tedeschi (Was ist Deutsche) degli anni Novanta...

Il tuo Cristo è ebreo,
la tua macchina è giapponese,
la tua pizza è italiana,
la tua democrazia è greca,
il tuo caffè è brasiliano,
le tue vacanze sono turche,
i tuoi numeri sono arabi,
la tua scrittura è latina.
E tu rimproveri al tuo vicino
di essere straniero?

..questo accadeva in Germania negli anni Novanta..a ognuno le proprie valutazioni sull'Italia del 2008...
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