giovedì 11 settembre 2008

9/11: un'eredità molto pesante

Le interessanti considerazioni esposte da TheEye nel precedente post riflettono sicuramente una necessità generale di avere risposte sull'Evento per eccellenza del nuovo millennio. Nello stesso articolo, vi è una ferma (nonchè - per quanto mi riguarda – completamente condivisibile) condanna alla gestione politica attuata dal governo americano, la quale non ha fatto altro che gettare il pianeta in un opprimente clima di terrore, devastazione ed insicurezza. Da buon "saggio", TheEye non si è sbilanciato troppo sulle responsabilità degli attentati del 9/11, parlando genericamente di mille dubbi, mille domande sulle dinamiche e su aspetti incongruenti [che] non ancora [hanno] trovato risposte chiare. Il sottoscritto in realtà – pur ammettendo l’impossibilità di avere certezze in situazioni di questo genere – “parteggia” per una visione degli eventi che non si farà fatica a definire complottista, faziosa e antipatriottica (ma rispetto a quest’ultima colpa, posso sempre sostenere di non aver mai posseduto un passaporto americano)…

Proprio questa mattina, nel guardare alcuni trasmissioni televisivi, ho avuto come la sensazione che l'interesse dei media per gli attentati alle Torri Gemelli sia scemato, affievolito. I programmi in TV continuano a parlarne - è vero - ma con certo distacco, come se fosse lontano nel tempo e di importanza irrilevante nella comprensione della storia contemporanea. Mi sembra quasi che ne se voglia distogliere l’attenzione, spegnerne le luci della ribalta: in fin dei conti, sappiamo tutti perché le torri sono crollate: l’Islam, da perfetta religione immorale qual è, ha portato nell’ Occidente intero la sua sporca jihad, colpendo il simbolo della magnificenza americana. Che bisogno c’è di indagare? Come vi permettete di contestare coloro che ci difendono dalle forze del male? E perché tanta pena se una bomba – che è pur sempre una creazione intelligente – finisce in qualche mercato di Bagdad o in qualche scuola remota di un quartiere periferico di Kabul? Sono nostri nemici, do you remember?

E se invece le risposte fossero altre? E la verità fosse molto più crudele di quella già terribile che ci hanno propinato fino ad ora? Non è superfluo citare solo alcune delle crepe createsi prima, durante e dopo gli attentati e che alimentano i mille dubbi su questa realtà certa e incontestabile:
  1. il rapporto Rebuilding America’s Defenses, redatto nell’anno 2000 (quindi prima degli attentati) e a cui hanno aderito membri influenti dell’attuale amministrazione americana (come Cheney, Rumsfeld e Wolfowitz). Oltre a sostenere la necessità da parte dell’America di preservare ed estendere la sua posizione di leadership globale (tramite anche un diffuso ricorso alle forze armate), il rapporto contiene affermazioni emblematiche come le seguenti:

    • while the unresolved conflict in Iraq provides the immediate justification [for U.S. military presence], the need for a substantial American force presence in the Gulf transcends the issue of the regime of Saddam Hussein (mentre il conflitto irrisolto in Iraq fornisce un'immediata giustificazione [per la presenza militare USA], la necessità di una presenza sostanziale delle forze americane nel Golfo trascende la questione del regime di Saddam Hussein);

    • the process of transformation, even if it brings revolutionary change, is likely to be a long one, absent some catastrophic and catalyzing event – like a new Pearl Harbor (il processo di trasformazione, anche se porterà un cambiamento rivoluzionario, sarà probabilmente lungo, a meno che non intervenga un evento catastrofico e catalizzatore come una nuova Pearl Harbor);

  2. i crolli anomali delle due torri (comunque progettate per resistere ad un attacco aereo), come se fossero avvenute per demolizione controllata; la quasi totale mancanza di prove audio-visive provenienti dal Pentagono, in teoria il posto più sorvegliato del mondo; il completo black out del sistema di difesa aerea americano, sicuramente il più evoluto del pianeta e che avrebbe dovuto fermare gli aerei prima che andassero a bersaglio; l’incredibile precisione dei dirottatori che si mettono a condurre apparecchi sofisticatissimi e molto difficili da guidare, avendo solo – sempre a detta dei media – il brevetto per aerei di piccola dimensione;

  3. la rapida decisione di Bush e la sua cricca di spostare in Iraq il grosso del contingente militare americano impegnato in Afganistan, sebbene in quest’ultimo paese si fosse ancora lontani da un completa pacificazione e soprattutto Mr. Bin Laden e il fido Mullah Omar non fossero mai stati catturati.
Facendo parte della schiera di mezzi bifolchi che abitano un paese sperduto della lontana Italia, non posso certo mettermi a sentenziare sulle vicende americane. Né tanto meno potrò mai affermare la mia sicurezza al 100% sulla fatidica affermazione: l’amministrazione Bush sapeva – e forse addirittura ha organizzato – gli attentati terroristici del 11 settembre 2001. Tuttavia non si può fare a meno di notare la funzionalità degli eventi agli interessi del governo repubblicano. Come gli attentati abbiano facilitato la creazione di un clima favorevole perché si potessero iniziare delle azioni di guerra in Medio Oriente (ed è notorio il sostegno della lobby americana dell’industria bellica all’amministrazione Bush). Come la guerra in Iraq abbia significato un ribaltamento radicale del controllo dei pozzi petroliferi locali, che il birichino Saddam stava per regalare a quegli ingordi di Cinesi…e che ora invece saranno in mano - così come tutto l’apparato di ricostruzione del disgraziato paese mediorientale - ad amici sicuri e di comprovata fedeltà. Come gli attentati abbiano in fin dei conti distolto l’attenzione da una situazione economica di stagnazione e trasformato in un amen il malcontento che la popolazione provava verso l’amministrazione in una fiducia incondizionata verso il Comandante in capo…

Sette anni sono passati, forse ancora non sufficienti per avere la necessaria lucidità sui fatti; ma allo stesso tempo neanche pochi per stilare un primo bilancio provvisorio. 9/11: quale eredità? si chiedeva TheEye...e io credo che sia un’eredità pesante. Non solo per un “mero” interesse economico (visto che il prezzo del petrolio – e di conseguenza tutto il resto – è schizzato alle stelle) che comunque rende la nostra esistenza sicuramente più complicata rispetto a prima...ma anche e soprattutto da un punto di vista culturale e sociale. È chiaro che con gli attentati e le successive guerre si sono di molto deteriorate le possibilità d’incontro con la civiltà islamica e le culture non occidentali in genere, venendo meno il necessario rapporto di fiducia reciproco. Quanto le vicende del 9/11 hanno influito sul recente clima di sospetto (guai definirlo “razzismo”) verso gli stranieri in Italia? In che misura le bombe di Kabul e di Bagdad, oltre a strade, ponti ed edifici, hanno mandato in mille pezzi quella volontà condivisa che i popoli spontaneamente hanno di vivere in pace?

E ancora, quanto le due guerre ci hanno distolto dalle reali questioni che dovrebbero stare sui tavoli di chi ci governa? Se invece di pensare a risolvere i problemi dell’inquinamento, della povertà, della gestione delle risorse e delle gravi ingiustizie sociali che oggi imperano nel mondo, si individuano le priorità nella lotta al terrorismo e nella costruzione dello scudo spaziale...forse è il segnale che la retta via è ancora lontana dall’essere intrapresa..


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