domenica 27 settembre 2009

GATTI RANDAGI - gli ultimi del mondo

Monologo di resistenza umana, di Riccardo Lestini



Stanza di un ospedale. Un uomo anziano, Mario, è piegato su se stesso. Tutti i ruoli sono recitati dallo stesso attore.

MARIO Ahhhhhhhh!!!

(entra, di corsa, un’infermiera)

INFERMIERA Oddio, si sente male?

MARIO No infermiera, ho urlato così, perché mi diverto a urlare, c'è chi ha l'hobby del modellismo, chi della pesca…io invece urlo! So fare tanti urli, li vuol sentire? Ahhhhhhh! Questo era l'urlo dell'operaio incazzato, che facevo sempre alle manifestazioni sindacali negli anni '70! Ahhhhhhhhhh! Ecco, questo è l'urlo che preferisco, che ho perfezionato da poco, è quello del settantacinquenne malato di cancro allo stomaco! Se le è piaciuto glie lo rifaccio….ahhhhhhhhhh!

INFERMIERA Io le inietto della morfina!

MARIO No! Basta con la morfina! Se lo fa giuro che la denuncio! Non voglio quell'intruglio che mi sa solo rintronare…voglio morire lucido! Ha capito, lu-ci-do! Semmai, mi procuri una canna!

INFERMIERA Una canna? Per farne cosa?

MARIO Per ficcarmela…e non mi faccia essere volgare! Per fumarla, è ovvio! Cosa ci si fa con le canne, si fumano! Voglio dell'haschisch! Altro che morfina!

INFERMIERA Lei non sta bene…

MARIO Bella scoperta, complimenti infermiera! Ho un cancro allo stomaco, certo che non sto bene!

INFERMIERA Lei mi fa paura…

MARIO Ha paura infermiera? Certo che siete strani in questo ospedale…dovrei essere io, che sto per morire, quello terrorizzato!

INFERMIERA C'è qui fuori suo figlio…

MARIO E allora che aspetta, lo faccia entrare!

(entra il figlio)

INFERMIERA (uscendo, piano al figlio) Stia attento…oggi è peggio del solito!

FIGLIO Ciao papà! Hai spaventato ancora l’infermiera?

MARIO Quella là è solo una stupida oca…piuttosto, mi hai portato l'haschisch?

FIGLIO Dai papà, ne abbiamo già parlato, quella roba non la puoi fumare, stai male!

MARIO Ma allora siete tutti stupidi! Ma come, la morfina sì e l'haschisch no? Ma lo sai che la morfina è una droga mille volte più pesante dello spinello? E poi, io sto per morire, non mi sono mai fatto una canna in vita mia, volete esaudirlo o no questo mio ultimo desiderio?

FIGLIO Papà, è illegale!

MARIO (rifacendogli il verso) Papà è illegale! Ma che razza di figlio sei? Da dove sei uscito fuori? Secondo me ti hanno scambiato di culla…ma nemmeno, sei nato in casa! Io non lo so com'è che sei diventato così…

FIGLIO Così come?

MARIO Guardati…ti sei dimenticato tutto, chi siamo, da dove veniamo…loro ti danno un contentino e tu subito dietro a sbavare come una cagna in calore…sei diventato un borghese perfetto, talmente perfetto che mi fai quasi schifo! Ma tu lo sai chi era tua nonna?

FIGLIO No.

MARIO Neanch'io…non l'ho mai conosciuta mia madre…lei era…era un gatto randagio…io sono un figlio di puttana…ma non in senso figurato…sono proprio un figlio di puttana…mia madre era una puttana, una puttana vera, lavorava in un bordello…mia mamma era una bambina, aveva sedici o diciassette anni quando mi ha messo al mondo…chi sia stato mio papà non lo so, non posso saperlo, da lei andavano anche quindici uomini al giorno e chissà…posso essere stato figlio di un prete, di un dottore, di un disoccupato (me la immagino mia mamma a fare gli sconti per studenti e disoccupati) o anche figlio di un fascista, è possibile, sono nato nel 1923…spero di no, ma ho questo terribile presentimento…e se mi concentro riesco addirittura a vedermi tutta la scena del mio concepimento, con questo fascio che si sfila la camicia nera dando le spalle alla mia mamma, già nuda e già stesa con le gambe divaricate…il fascista si abbassa i pantaloni e zacchete! Senza degnarla di uno sguardo e ansimandogli addosso il fascio mi mette al mondo…non si può dire certo che io sia nato per amore! Però la mia mamma appena è venuta a sapere di essere incinta ha cominciato a volermi bene, ad amarmi…doveva avere un gran cuore la mia mamma…è scappata per mettermi al mondo, è dovuta scappare dai suoi protettori, perché se quelli là venivano a sapere che era incinta l’avrebbero bastonata, una puttana incinta si sa, ha un reddito pari a zero! Scappando a piedi scalzi per la campagna, quasi come in una favola triste, è arrivata a casa di alcuni contadini che l’hanno accudita come una figlia fino a farla partorire! Appena nato sono stato la gioia della casa, coccolato da tutto e da tutti…ma le gioie dei gatti randagi si sa, sono quanto di più breve e sfuggente possa esistere al mondo…e allora, poco tempo dopo, quando io ancora non avevo nemmeno compiuto tre mesi, sono arrivati i prottetori di mia mamma a riprendersela…non c’erano i due anziani contadini, mia mamma era sola in casa…e la cosa dev’essere andata più o meno così…
-Eccoti qua, brutta puttana! Volevi fregarci, eh?-
-Vi prego, non fatemi del male…ho un bambino…giuro che tornerò a lavorare per voi, ma non fatemi del male, devo stare vicina al mio bambino!-
E invece no, quelli là l’hanno ricoperta di calci e sputi, l’hanno violentata uno dopo l’altro e poi l’hanno ammazzata, senza pietà!
Le cose sono andate più o meno così, ma io a volte mi rifiuto di crederci, e dono alla mia mamma una vita diversa, da principessa…e allora penso a mio padre come a un bellissimo vagabondo che suonava la chitarra sulle vette del mondo; e uno di quei pomeriggi, mentre cantava una ballata al sole, e mia mamma ritornava da una passeggiata intrecciandosi i capelli con le margheritine di campo, uno sguardo e subito amore, ed io che vengo concepito all'ombra fresca di un cipresso…poi loro si prendono per mano e mi dicono "il mondo non è per noi gatti randagi, abbiamo occhi troppo belli per queste strade insudiciate dall'ingiustizia, addio bambino adorato, ci rivedremo in quel mondo fantastico dove avremo ali d'angelo e occhi lucenti come stelle".
Una bella favola, vero?
Comunque sia andata, quei contadini che l'avevano fatta partorire mi allevarono come un figlio…così sono cresciuto sano, robusto e felice…sì, felice perché non mi hanno fatto mancare niente, mangiavo e andavo a scuola, eppure…eppure qualcosa non tornava, a scuola non erano tutti vestiti come me, e per le vie del centro c'erano uomini con scarpe lucide e donne con calze di seta…e allora cominciai a chiedermi perché…perché c'erano uomini che potevano passeggiare per pomeriggi interi e prendere donne sottobraccio mentre disinvolti si accendevano una sigaretta e noi, noi che stavamo dell'altra parte della barricata, noi gatti randagi, stavamo a farci bruciare la faccia dal sole spezzandoci le ossa nei campi, e la sera ci ritiravamo stanchi morti a dormire per non pensare…e perché questi signori inargentati mangiavano e potevano comprarsi vestiti col nostro sudore…perché un giorno un tizio è arrivato e ha cominciato a urlare piantando paletti: "MIO, MIO, MIO! E' TUTTO MIO! "…mah, forse quando tutti capiranno che non c'è spiegazione logica a tutto questo forse ci s'incazzerà davvero…
La rabbia dentro di me saliva, al punto che quel fatidico 8 settembre 1943, appena a vent'anni, entrai nei partigiani…sì, per rabbia, non certo per una qualche coscienza politica che ancora non avevo (e forse non ce l'ho nemmeno adesso)…avevo vent'anni ed ero bellissimo…ah, sapeste cosa significa bruciare i propri vent'anni in una guerra atroce e assurda, far saltare i ponti, vedere compagni che ti muoiono addosso, amici che perdono un occhio per una scheggia dritta nella pupilla, sparare addosso a ragazzi della tua età perché hanno una divisa diversa, abbracciarsi e festeggiare per aver assaltato e saccheggiato i camion nazifascisti e poi scoprire che i fasci, per vendicarsi del torto subito, hanno incendiato un paese intero e ucciso donne e bambini, e sentirsi in colpa…ci sono notti figlio mio che ancora mi sveglio urlando…eppure la sensazione di lottare per riprendersi finalmente qualcosa che ci apparteneva ha fatto sì che quelli fossero i giorni più belli della mia vita…
Il giorno dopo la liberazione le speranze erano già tutte morte…tutto era come prima, forse peggio, perché più ipocrita. Si erano già dimenticati di noi, di quel che avevamo fatto per liberare l'Italia…Mao diceva che "è il popolo che fa la storia, ma poi sono i padroni che la raccontano"…eh, figlio mio, se tu mi fossi stato a sentire avresti capito che la storia non è quella che hai imparato a memoria sui libri di scuola, ma che è questa qui, queste strade di paese che non ti portano da nessuna parte, non i decenni che volano via, ma quei pomeriggi che sembrano non finire mai…la storia non sono i grandi nomi, ma gli sterminati eserciti di nessuno che combattono e muoiono senza sapere perché…due anni da partigiano, due anni con la paura di morire da un momento all'altro sempre addosso e poi ci si ritrova al punto di prima…cos'avevamo liberato? Mi chiedevo…ma forse, pensavo, è che per fare qualcosa bisogna studiare, ed io che non avevo finito la scuola non potevo certo pretendere un cambiamento, e allora ho stretto i denti, sono andato alle scuole serali e ho preso il diploma…sono uscito dalla scuola tenendo stretto in mano quel pezzo di carta come fosse un trofeo, quasi a dire "Ora con questo vi faccio vedere!"…devo dire che mi è servito, grazie a quel diploma tanto sudato, sono entrato nella catena di montaggio di una delle fabbriche più grandi d'Italia…è lì che ho conosciuto tua madre…non ti ricordi nemmeno di lei? Sì, lei te la ricordi, ma credo che da buon borghese menefreghista quale sei diventato ti sei dimenticato com'è morta…è morta fulminata da uno degli ultimi infallibili marchingegni che ci ha venduto l'avveniristica industria americana! Ma qui forse non c'è da far polemica, si sa che i gatti randagi fanno sempre i lavori più ingrati e pericolosi…ma, è un po' colpa loro…in fondo è quello che vogliono! Del resto la nostra cara religione cattolica ci ha insegnato che in fondo è inutile vivere questa vita, che non è altro che una valle di lacrime, che la vita vera è quell'altra, quella dopo la morte, e che qui noi siamo in un'insignificante anticamera in attesa della chiamata…e quindi c'è gente talmente impaziente di passare a questa miglior vita che fa appositamente lavori pericolosi, magari si mette su impalcature alte trenta metri senza protezioni di sicurezza e volutamente scivola, si schianta e se ne va felice e contento…un po' la stessa cosa che fanno gli anarchici, te lo ricordi Pinelli? Così deve aver fatto tua madre, ha visto questo macchinario pericoloso ad alto voltaggio e PAM! Ci si è schiantata all'istante!
Hai rimosso tutto figlio mio…sembra che tu ti sia dimenticato anche di aver avuto un figlio…te lo ricordi tuo figlio? Non vuoi ricordartelo perché non lo hai accettato…perché lui era un…e non fare quella faccia! Sto soltanto dicendo la verità…ah, già dimenticavo, tu alla verità sei allergico! E comunque tuo figlio, mio nipote, era un tossicodipendente…sì, e tu l'hai ucciso secoli prima che lo trovassero dietro quel colle con l'ago nel braccio…la tua indifferenza l'ha ucciso…povero nipote mio, povero gatto randagio! Anche lui, come la mia mamma aveva gli occhi troppo belli per queste strade insudiciate d'ingiustizia! La sua presenza la sento spesso…anche ora, mi sembra che lui sia qui a dire:
-Eccomi qua, sono il tossico, sono il drogato, sono quello che vi fa sentire migliori, bella gente! Voi non sapete cosa sia la solitudine, la disperazione, un padre sordo ad ogni tuo pianto, tutto che ti crolla addosso, un mondo che non accetta la tua fragilità e a te non resta che bucarti, bucarti, bucarti, bucarti…ma sapeste quant'è bello il primo buco! E' come avere tutte insieme le carezze che non hai mai avuto…poi col tempo mamma eroina detta legge, e tu cammini verso il fiume dell'overdose, non la cerchi e quasi non ci credi, ma lei arriva…arriva…stavo dietro un colle io, quel giorno non credevo di aver esagerato, me ne sono reso conto solo quando ho infilato l'ago in vena…ho cercato la paura, ma non l'ho trovata, e l'overdose mi ha ucciso…-
Ahhhhh! Ecco, le fitte ritornano figlio mio…siamo alla fine…questa è davvero la fine del viaggio…sto per morire figlio mio…ma non ho paura, perché adesso lo so…lo so che per i gatti randagi vivere o morire è la stessa cosa…ma che sto dicendo! Scusami, figlio mio, sono solo deliri di un vecchio pazzo…ora muoio, ma sappiano i signori che non mi piego, anche da morto resto a testa alta…eh, sì…come dice il giullare: camminiamo a testa alta perché siamo con la merda fino al collo!!!

RICCARDO LESTINI, 2002 (dall'omonimo spettacolo "Gatti Randagi - monologhi di resistenza umana")

*Nota al testo: nel monologo sono presenti due citazioni. La prima è la frase “Avevamo gli occhi troppo belli” di Fabrizio De André, tratta dalla canzone “Recitativo”, nell’album “Tutti morimmo a stento”, la seconda è la frase finale, di Dario Fo, tratta dalla commedia “Morte accidentale di un anarchico”.

1 commento:

Pablos Parigi ha detto...

Mi piace molto...il modo di raccontare storie di ogni giorno, storie comuni che vengono dipinte con ironia, con la semplicità del personaggio, che nasconde il pensiero profondo e osservatore dell'autore. Il monologo parla di un uomo che realmente allo stadio terminale del cancro, può delirare, invece nella sofferenza è un uomo che finalmente trova il coraggio di denunciare la tristezza del mondo d'oggi ed anche del suo operato. L'indifferenza del genitore, la mancanza d'interesse verso le cose che hanno fatto crescere noi da bambini affiora dall'atteggiamento del figlio. Con poche parole, si mettono a nudo, la superbia di un genitore moderno che pensa di sapere tutto soltanto perchè è diventato adulto anagraficamente, ed invece è profondamente ignorante. Un uomo non può conoscere problemi che non hai mai affrontato. D'altra parte, sono altresì evidenti nel figlio della modernità, la non curanza e il menefreghismo nel cercare di porre rimedio, per recuperare in qualche modo un rapporto, o la conoscenza di quelle cose che non ha vissuto. Così si dipinge, con parole contadine affinate dallo scrittore-osservatore lo status di una società nella maggioranza consapevolmente limitata ed incapace di cercare qualcosa di meglio, perchè ha già tutto, per fortuna o per eredità famigliare. Perchè lottare se si ha già tutto comodamente?
Splendido spaccato del nostro tempo. I miei complimenti.