sabato 25 aprile 2009

Contro il ritorno al nucleare: intervista a Marco Bersani


Testo dell'intervista

A oltre vent’anni dalla tragedia di Chernobyl, il Governo Berlusconi ha stipulato un accordo con la Francia per riaprire le centrali nucleari in Italia. È opinione comune che il nucleare sia oggi meno pericoloso rispetto al passato e che sia una fonte d’energia meno inquinante rispetto agli idrocarburi come petrolio, carbone o gas. Quali sono le ragioni per cui lei si oppone a questa scelta e che la hanno portata a scrivere un libro contro il nucleare?
Intanto io credo che non è vero che sia opinione comune che il nucleare sia più sicuro oggi di allora e sia meno inquinante di altre fonti energetiche. Il nucleare viene riproposto oggi tra l’altro solo all’interno del nostro paese, quindi con un dibattito che ha caratteristiche quasi solo nazionali. E si tratta di un canale di apertura verso un nuovo modello energetico che è già stato bocciato in passato per ottime ragioni. Intanto non è vero che il nucleare è l’energia del futuro: la stessa Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica dice che se oggi il contributo del nucleare alla produzione di energia elettrica è del 16%, diventerà del 13% entro il 2030 e questo per l’ovvio motivo che molte centrali nucleari oggi in funzione si esauriranno, perché hanno tempi di vita intorno ai 20-25 anni. Non è vero che il nucleare non contribuisce al riscaldamento globale, perché se è vero che il nucleare in funzione non emette emissioni, se guardiamo tutta la filiera produttiva, le centrali nucleari hanno bisogno di cemento, hanno bisogno di acciaio, hanno bisogno di zinconio: hanno bisogno cioè di materiali per la cui produzione servono petrolio e carbone, cioè emissioni di CO2. L’uranio, che è il materiale fissile su cui si basa la produzione di energia nucleare, è una fonte esauribile e tra l’altro, allo stato attuale della domanda, potrebbe esaurirsi tra il 2035 e il 2070. (e ovviamente queste date diminuirebbero a seconda dell’aumento della domanda). Stiamo ragionando di entrare dentro un percorso che comunque, tra qualche decina di anni, dovremmo ridiscutere perché la materia prima non esiste. Per quanto riguarda la sicurezza, intanto bisogna dire che le centrali nucleari già ordinariamente emettono radiazioni, cioè inquinano. Bisogna dire che l’energia nucleare ha il triste primato di 135 incidenti in 55 anni (parliamo di incidenti di media-grande intensità) e bisogna dire poi che il problema delle scorie non è mai stato risolto (questo è un problema gigantesco che consegniamo alle future generazioni).

La scelta del nucleare finirà poi probabilmente per togliere risorse ad altre fonti di energia come il solare o l’eolico. Qual è attualmente lo stato degli investimenti sulle energie rinnovabili in Italia?
In Italia è bassissimo ma mi interessa anche pubblicare un dato europeo. Ancora oggi, per quanto riguarda la ricerca a livello europeo, il 46% dei finanziamenti della ricerca vanno per il nucleare da fissione (cioè per l’energia nucleare così come oggi viene prodotta), il 12% va per il nucleare da fusione e solo l’11% va a finanziare ricerche su tutte le energie rinnovabili. In Italia, questo livello è ancora più basso. Cito solo l’ultimo accordo fatto dal Governo con l’Enel che prevede che, su 60 milioni di investimenti per l’energia nei prossimi tre anni, oltre 22 vadano per l’energia nucleare e via via tutte le altre energie; per quanto riguarda le energie rinnovabili, siamo sotto il 10%. Se pensiamo invece che la Spagna sta investendo almeno quattro volte tanto, si capisce che ci stiamo fermando e attardando su un’energia che è obsoleta e che non serve al futuro delle persone.

Come responsabile dell’associazione ATTAC, lei è stato tra i promotori di un’altra importante campagna per la difesa del bene pubblico, quella della ripubblicizzazione dell’acqua, che si propone di dichiarare l’acqua come un bene universale non commercializzabile. Tuttavia anche questa iniziativa sembra scontrarsi con l’orientamento generale delle istituzioni, sempre più orientate verso una scelta di privatizzazione dell’acqua. Ci può fare brevemente il punto della situazione?
Il punto situazione è che la legge di iniziativa popolare, che ha raccolto 406 mila firme, è stata presentata al Parlamento e attualmente è in discussione alla Commissione Ambiente alla Camera dei Deputati. Naturalmente per quella strada non ci aspettiamo molto, a testimonianza di ciò ci sta il fatto che proprio ieri (23 aprile N.d.r.) si sono tenute le audizioni dei movimenti da parte della Commissione e erano presenti solo tre dei membri della Commissione. Però è anche vero che oggi la crisi economica dice anche che questa idea, che per vent’anni è passata, che il mercato da solo poteva autoregolarsi, comincia ad entrare in crisi. Faccio un esempio: ci sono moltissimi enti locali che cominciano a rivedere le politiche di privatizzazione dell’acqua e a centinaia hanno aderito alla nostra proposta di legge. Prossimamente in Sicilia, nascerà il Coordinamento Nazionale degli enti locali per la ripubblicizzazione dell’acqua. Quindi, se si mettono insieme gli enti locali, i cittadini che oramai hanno formato decine e decine di comitati in questo paese, stanno cominciando a nascere i circoli dei lavoratori per l’acqua pubblica (cioè gli operatori del servizio idrico che si schierano per la legge), noi diciamo che è vero che il vento privatizzatore continua ma la partita è ancora molto aperta: e dipende molto da quanto i cittadini scenderanno in campo.

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