sabato 14 marzo 2009

Roberto Ridolfi sull'Università

Riportiamo una riflessione del giornalista de "La Voce" Roberto Ridolfi, che in una lettera aperta alla nostra aggregazione, fornisce delle interessanti considerazioni sullo stato attuale dell'Università italiana, con particolare riferimento al deterioramento della qualità didattica avvenuto negli ultimi anni.

Avrei dovuto partecipare all’incontro-dibattito pubblico “Cambiare l’Università: ma come?”, ragioni collegate ad esigenze personali di razionalizzazione ed ottimizzazione della mia crescente attività intellettuale, unita all’umana impossibilità di far fronte a troppi impegni, mi hanno consigliato di riposare. Tuttavia il tema mi tocca profondamente come laureato, come ex-universitario, come zio di nipoti studenti universitari, come semplice cittadino. Una riflessione sul tema s’impone a tutti.

Una premessa è d’obbligo: se vogliamo cambiare dobbiamo avere esatta cognizione dello stato dell’arte degli studi di alta cultura, perché così deve essere intesa l’Università, un luogo deputato alla elaborazione di contenuti culturali di livello superiore.Ci si interroga in sostanza sulla malintesa nozione di quanto ho affermato. Perché mi chiedo interrogarsi sulla riforma di quanto è stato già ampiamente, e con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti, riformato? Personalmente ho da offrire una lunga serie di risposte, ma darle senza aver chiarito il mio approccio al problema sarebbe fuorviante. Torniamo pertanto al metodo, questo è l’unico modo per avvicinarsi alla realtà senza sterili semplificazioni.

L’Università attualmente è un bene di largo consumo alla portata di tutti, ma al servizio esclusivo di una lobby, quella dei docenti e dei ricercatori dai primi cooptati nel sistema con speciosi e dubbi concorsi in cui conta di più la fedeltà al pensiero dell’ illustre luminare che ti esamina che la propria effettiva capacità di produrre una cultura originale, foriera di applicazioni economiche e professionali in senso lato che dovrebbero costituire la ricchezza dell’Università e della nazione o sistema-paese come preferisce dire certa parte politica.

Quanto agli studenti dico solo che sono le vittime di questo sistema funzionale solo ai docenti, che si danno poco e male. La qualità dell’insegnamento e la sua quantità è miserrima. I tre anni che conducono alla laurea di primo livello sono per contenuti e preparazione offerta paragonabili a quello che negli anni ’70 si studiavano al Liceo. La liceizzazione degli studi universitari costituisce svilimento della natura che gli stessi dovrebbero avere : fondare criticamente i contenuti culturali ad un livello di approfondimento rilevante e comunque non palesemente ricognitivo di studi altrui, spesso degli stessi docenti che lucrano sotto la giustificazione della acuta riflessione scientifica. Spesso i loro testi non sono che mero ossequio o a studi condotti a fini personali, o per inserirli in un dibattito accademico la cui pochezza intellettuale è riflessa dalla scarsa eco che hanno a livello nazionale ed internazionale. Questi sono infatti gli orizzonti cui dovrebbero guardare gli studenti ed i pochi che lo fanno non seguono il magistero della propria facoltà, ma altre e più veloci fonti di acculturazione che esistono non per volontà dei docenti ma per un fenomeno indipendente che va sotto il nome di globalizzazione delle conoscenze tramite la comunicazione multi-mediale. Nessun merito hanno i docenti se a volte si imbattono in studenti svegli e preparati: la società li fa tali loro malgrado. Questa Laurea triennale è un pezzo di carta da inserire nel curriculum, non ha nessun’altro valore.

Il filosofo Maurizio Ferraris ritiene responsabili di questa situazione i docenti di sinistra. Acutamente non svolge solo una funzione critica, il mio ed il suo Je accuse alla cultura istituzionale di sinistra consiglia alcuni inderogabili contromisure:

• Abolire il valore legale del titolo di studio
• Concorsi annuali per docenti con domande che prevedano requisiti d’ammissione chiari e non palesemente ad hoc per favorire solo certi insegnanti.
• I ricercatori facciano solo ricerca
• Introduzione della contrattazione individuale tra docente ed Università
• Penalizzare i docenti che non pubblicano

Si ricordi inoltre che il Mit, vero brain-trust dell’economia e delle istituzioni statunitensi, ha 635 ordinari e 166 ricercatori: primaria è la funzione didattica o formativa come preferisce la sinistra. Occorre fondamentalmente ridare respiro alla nostra cultura, ricordando agli studenti che la vita è sogno ( Pedro Calderòn de la Barca,titolo di un dramma) ed i sogni vanno realizzati da svegli.

Roberto Ridolfi

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