Venticinque anni ha vissuto Filumena Marturano a casa di Domenico Soriano, colui che pur togliendola dalla strada si è sempre rifiutato di sposarla. L’uomo cinquantenne, ora invaghito di una ventiduenne, la vorrebbe fuori dalla sua vita e dalla sua prestigiosa dimora affacciata sulla splendida Napoli. Filumena non si arrende e, anzi, alza la posta in gioco. Adesso pretende non solo il matrimonio, che legittimerà davanti alla legge la sua unione con il ricco napoletano, ma anche il riconoscimento da parte di Soriano di tutti e tre i suoi figli, pur essendo lui padre di uno solo .
In una Napoli sconvolta dalla guerra e della fame il personaggio di Filumena è la rappresentazione dell’istinto di sopravvivenza, della fierezza e del temperamento napoletani, e dell’ autorevolezza femminile. Una tutta istintiva, immanente ed implicita, che non scaturisce dall’istruzione, Filumena è analfabeta, né necessita di alcuna legittimazione ma nasce dalla profonda consapevolezza dei propri diritti umani.
Non il suo passato di prostituta intacca l’alto senso di dignità dell’eroina edoardiana. Né una morale ipocrita che vorrebbe far cadere solo su di lei la colpa che appartiene anche a Domenico, frequentatore dei quartieri dove si vendono corpi in cambio di sopravvivenza. Filumena è autorità allo stato puro, così l’ha voluta Edoardo De Filippo. Un’autorità non in forza di legge ma derivante dalla sua funzione civilizzatrice, in anticipo sulle leggi dello Stato.
Lei ultima e diseredata, costretta a mantenersi sin dalla più tenera età, non solo ha provveduto alle sue creature con intelligenza ma pretende ora per loro pari trattamento. Lo fa invocando e suscitando in “Mimì”, il sentimento di paternità. E i sentimenti in “Filumena Marturano”, rappresentata per la prima volta nel 1946 al Politeama di Napoli, dovevano supplire alle lacune legislative. Solo nel 1947, infatti, l’Assemblea Costituente sanciva il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire e educare anche i figli nati fuori dal matrimonio.
Lina Sastri e Luca De Filippo, insieme a tutta la compagnia magistralmente diretti da Francesco Rosi, continuano ad emozionare il pubblico perugino. Le affollate repliche proseguiranno fino a domenica 15 febbraio. Bellissima la scenografia.
In una Napoli sconvolta dalla guerra e della fame il personaggio di Filumena è la rappresentazione dell’istinto di sopravvivenza, della fierezza e del temperamento napoletani, e dell’ autorevolezza femminile. Una tutta istintiva, immanente ed implicita, che non scaturisce dall’istruzione, Filumena è analfabeta, né necessita di alcuna legittimazione ma nasce dalla profonda consapevolezza dei propri diritti umani.
Non il suo passato di prostituta intacca l’alto senso di dignità dell’eroina edoardiana. Né una morale ipocrita che vorrebbe far cadere solo su di lei la colpa che appartiene anche a Domenico, frequentatore dei quartieri dove si vendono corpi in cambio di sopravvivenza. Filumena è autorità allo stato puro, così l’ha voluta Edoardo De Filippo. Un’autorità non in forza di legge ma derivante dalla sua funzione civilizzatrice, in anticipo sulle leggi dello Stato.
Lei ultima e diseredata, costretta a mantenersi sin dalla più tenera età, non solo ha provveduto alle sue creature con intelligenza ma pretende ora per loro pari trattamento. Lo fa invocando e suscitando in “Mimì”, il sentimento di paternità. E i sentimenti in “Filumena Marturano”, rappresentata per la prima volta nel 1946 al Politeama di Napoli, dovevano supplire alle lacune legislative. Solo nel 1947, infatti, l’Assemblea Costituente sanciva il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire e educare anche i figli nati fuori dal matrimonio.
Lina Sastri e Luca De Filippo, insieme a tutta la compagnia magistralmente diretti da Francesco Rosi, continuano ad emozionare il pubblico perugino. Le affollate repliche proseguiranno fino a domenica 15 febbraio. Bellissima la scenografia.
di Isabella Rossi
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