venerdì 17 ottobre 2008

Non dimentichiamo chi é SOLO!

15 ottobre 2008- Non dimentichiamo chi è SOLO!

Ieri sera mi sono svegliato di colpo dal torpore incomprensibile in cui la coscienza di questo nostro Paese, e dei suoi abitanti, si nasconde di fronte agli uomini che cercano, che provano, a lottare per cambiarlo e migliorarlo. Il mio è stato come un risveglio brusco da un indeterminato sogno, che ti spaventa inesorabilmente per il buio profondo attorno al tuo letto. Purtroppo, però, mi sembra di iniziare già a riassopirmi, anche se, contemporaneamente, l’ incubo, di cui mi sono reso conto aprendo gli occhi, sta crescendo sempre di più. Proprio per questo ho deciso di racchiudere, in queste poche righe, quello che penso e che provo, in modo tale da cercare di non far si che tutto continui a scorrermi addosso come se nulla mai fosse successo. Forse, sintetizzando al massimo, avrei dovuto intitolare il tutto con “Paurosa Indifferenza”, oppure “Disumano Menefreghismo”. Forse, addirittura, non esistono neppure dei termini idonei a far comprendere veramente quello che significa il dolore e la disperazione di un uomo, il quale, in tutta lucidità, si rende conto di esser solo in mezzo alla moltitudine, in mezzo ad un’intera Nazione. Nel momento, poi, in cui avviene questo, si scatena, generalmente, pure la tragedia più devastante che ci può colpire e ferire nell’animo. Si sente dire : “ Ci dispiace, ma chi te lo ha fatto fare? ” oppure “ Manifesto la mia totale solidarietà!”. E poi, di seguito, tanti altri luoghi comuni, profondamente inutili e fastidiosi, i quali si ammassano, come lance acuminate, nel cuore indebolito del loro destinatario. Fatto sta che, delle parole solenni e di bella presenza, un uomo il quale vive tutta la sua vita fuggendo, quasi come se fosse un morto che vaga senza meta, non ne ha, di certo, un impellente bisogno. Ben altro effetto, invece, avrebbero un po’ di sincera comprensione e di calore umano, ma questo è tutto un altro discorso. E lo stesso vale per quegli altri uomini che partecipano alla sua “fuga perenne”, difendendola a spada tratta e non rinunciando mai a perseguire, insieme a lui stesso, questa missione di cambiamento, intrapresa con passione e coraggio, e forse anche con un pizzico di “beata incoscienza”. Perché, in mezzo a questi uomini di oggi, c’è sia chi, in verità, ha la possibilità di gridare, ogni tanto ed in vario modo, la sua rabbia ed incredulità; ma c’è anche chi non ha voce alcuna in capitolo e, temo, non avrà nemmeno alcuna memoria. Per quest’ ultimi credo si possa dire, a buon diritto, che la morte è una delle loro migliori “amiche”. Tuttavia, nelle periferie del mondo dove consumano la maggior parte del tempo, dai loro occhi e dalle loro gesta non è facile evincere la paura o il terrore, anche se, nella maggior parte dei casi, al loro posto, ci starebbero in pochi. D’altronde, nonostante tutto, vediamo che, in un modo o nell’altro, la battaglia continua. Ognuno ci mette quello che, di più e di meglio, può dare, ma nessuno mai si scorda di essere semplicemente un uomo, al pari di tutti gli altri. Il fatto è però un altro. Attorno ad essi si estende il vuoto. E’ come se attori principali e difensori-aiutanti si trovassero in un teatro senza l’ombra di uno spettatore pagante. Del resto non c’è poi tanto da sorprendersi per questo. L’ abitudine a preferire la repressione di quello che difetta nella realtà sociale, rispetto alla prevenzione ed al ragionamento sui motivi della sua origine, risulta essere ormai un fenomeno perfino scontato. Per effetto di questo, ovviamente, coloro i quali si dedicano, nel senso più ampio del termine, alla seconda opzione, sopra detta, non hanno la necessaria considerazione. Poi, una volta che questi meccanismi puramente repressivi fanno cilecca, il principale bisogno dei più non diviene altro se non scandalizzarsi all’infinito per tale malfunzionamento. Spesso mi sembra proprio che la disgrazia, la tragedia, abbia un sapore ammaliante ed irresistibile per il genere umano. E molto spesso, inoltre, penso che il vero “oro nero”, la fonte inesauribile di guadagno, sia proprio tutto ciò che di male noi uomini, ovunque, riusciamo a generare. Titoli cubitali, trasmissioni a non finire e discussioni su discussioni per cercare di capire il perché di tanto male, ed il perché non si riesca a punirlo compiutamente o ancor meglio ad annientarlo prima che possa accadere. Creiamo così un immenso polverone mediatico, come si usa dire, non facendo altro che incrementare costantemente la confusione nelle menti, ed il torpore nei cuori. Tanto è vero che c’è bisogno di alzare la voce allo stesso modo perché la storia di questi uomini soli non rimanga chiusa in un cassetto, a fianco a loro, ed abbia solo benefici per pochi sprazzi di luce nel momento del ricordo. Addirittura c’è bisogno, all’estremo, della loro morte perché per qualche giorno chi di dovere si commuova per la loro vita e li degni del meritato rispetto.
Ma dico io, dobbiamo essere condannati alla solitudine eterna per godere della celebrità nella storia e dei funerali solenni? Non è sufficiente nascere e morire senza altri accanto, perché possiamo chiederci quale sia il senso di tutta la nostra esistenza?
Spero ora nel dialogo con chiunque affinché un barlume di risposta possa materializzarsi.
Prima di tutto, però, ringrazio chiunque leggerà le mie parole e si fermerà anche solo un attimo a pensare a questi umili uomini che vivono di solitudine, tracciando la strada che si dovrebbe seguire verso il futuro. La loro vocazione è, e spero sarà sempre, donarsi incondizionatamente agli altri, al fine di costruire insieme una vita migliore, non tanto per loro ma per chi verrà dopo.
Perciò iniziamo a rispettarli ogni giorno di più e ad imparare da loro, dal loro amore sconfinato per quello che sono e dal loro coraggio nel manifestarlo. E’ questa, secondo me, la strada giusta per aiutarli a vincere.

Una citazione dalla lettera di Roberto Saviano alla Repubblica del 15 ottobre 2008 che riporta quello che hanno immediatamente detto i carabinieri della sua scorta quando si è saputo di alcune rivelazioni di pentiti riguardanti il progetto camorrista di omicidio dello scrittore campano.
“ Robbé, tranquillo che non ci faremo fottere da quelli là!”

P.S. Nessuno dei sette carabinieri della scorta che protegge 24 ore su 24 Roberto Saviano, e ci tengo a sottolineare che sono tutti dei padri di famiglia, in questi giorni di terribile terrore, ha chiesto mai di essere trasferito.

_Alessio Ortica_

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