lunedì 13 ottobre 2008

Ad un anno dalla morte di Aldo Bianzino

Ad un anno dalla terribile vicenda, voglio ricordare la storia di Aldo Bianzino che - arrestato per detenzione di piante di marijuana - ha trovato la morte in circostanze quanto mai oscure nel carcere di Capanne. Aderendo all'appello di verità e giustizia lanciato da molte associazioni locali e nazionali (riportato in allegato), non posso non fare a meno di constatare come - nel caos mediatico creatosi attorno al famoso omicidio di una studentessa inglese - sia invece calato su Aldo un silenzio "assordante" su cui è necessario riflettere. Per maggiori informazioni, guarda il sito del Comitato Verità per Aldo .

Il carcere? Sicuro da morire!
Aldo Bianzino e la sua compagna Roberta il 12 ottobre sono stati arrestai con l’accusa di possedere e coltivare alcune piante di marijuana . Le forze dell’ordine si sono presentate in casa di prima mattina Aldo e Roberta sono stati portati via lasciando il figlio di 14 anni solo. Il giorno dopo vengono portati al carcere di capanne e qui separati, da questo momento Roberta non vedrà più il suo compagno che fino ad allora era in buone condizioni di salute.
Mentre Roberta viene condotta in cella con altre donne Aldo viene messo in isolamento. La mattina seguente, domenica 14 ottobre alle 8:15, la polizia penitenziaria entra nella cella, lo trova agonizzante e poco dopo muore. Da quel momento, la compagna, il figlio e gli amici si sono mossi per fare chiarezza su questa ingiusta morte chiedendo verità e giustizia perché di carcere non si può morire!

Infatti dopo un goffo tentativo di insabbiamento da parte delle autorità carcerarie (le prime indiscrezioni sulle cause della sulla morte si riferivano ad un improbabile infarto) famiglia e amici vengono a sapere che dall’autopsia risulta che Aldo e stato vittima di un vero e proprio pestaggio,
il corpo infatti presentava una frattura alle costole, gravi lesioni al fegato, alla milza e al cervello.

Anche l’arresto dei cinque ventenni spoletini, vittime di una perversa applicazione del 270bis, sembrerebbe essere stato creato ad hoc per distogliere l'attenzione dalle realtà sociali che richiedono verità ed intimidire il movimento che vuole far chiarezza sulla vicenda.

Il caso di Aldo è troppo simile a quello di Giuseppe Ales, Federico Aldrovandi, Alberto Mercuriali tutti vittime di una sorta di "spontaneismo intollerante" che agisce violentemente contro gli stili di vita non omologanti. Storie di persone vittime della “paranoia securitaria” che punisce in nome
della sicurezza chi gira senza documenti, rivendica la propria la libertà d’ espressione, coltiva marijuana per uso personale in un paese che invece dei trafficanti persegue i consumatori.

La necessità di verità e giustizia non si placa ! E' tempo per noi di prendere posizione, spazio e voce. Di raccontare. Di mantenere viva la memoria collettiva. Di difendere le nostre esistenze e le nostre pratiche da abusi, repressioni, pestaggi, “venduti” come atti di legalità.

Vogliamo Verità e Giustizia e continueremo a contrastare e opporci ad una società che sempre meno tollera qualsiasi tipo di espressione fuori dalla norma. E’ tempo di chiedere verità e giustizia per Aldo Bianzino [...], di farci carico delle sorti dei processi per il G8 di Genova rispondendo ai pruriti vendicativi del potere con una manifestazione nazionale che interrompe la costruzione di processi di oblio e rimozione collettiva.

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