giovedì 21 agosto 2008

La seconda laguna di Bettona




Testo del video
Bettona rappresenta attualmente il bacino più importante dell’Umbria per quanto riguarda l’allevamento dei suini (con una presenza costante di 80 mila capi, corrispondenti circa al 25% della realtà regionale). L’attività pone naturalmente numerose problematiche di carattere ambientale, in primis quella che riguarda lo smaltimento dei reflui dei maiali. Fino ad oggi, il problema è stato affrontato tramite una laguna di stoccaggio di 90 mila metri cubi, collegato ad un depuratore (gestito dalla CODEP, una cooperativa controllata direttamente dagli allevatori). Il depuratore agisce sui liquami separando il materiale solido da quello liquido; il solido viene utilizzato come biogas nella produzione di energia, mentre il liquido viene depositato nella laguna per essere successivamente riadoperato nella fertirrigazione dei campi. Attualmente però la laguna ha raggiunto il 90% della sua capacità e non è più in grado di accogliere i 1200 metri cubi di reflui che il depuratore produce quotidianamente.

In questo contesto, il Comune di Bettona ha emesso nel settembre del 2007 un’ordinanza comunale d’urgenza in cui ha disposto l’immediata costruzione di una seconda laguna di stoccaggio di dimensioni leggermente inferiori alla prima (circa 80 mila metri cubi). Il progetto – che ha avuto l’avvallo della CODEP e della Regione Umbria ─ è stato però subito bloccato dai carabinieri del NOE che hanno messo sotto sequestro il cantiere dove era prevista la realizzazione di questo secondo invaso .

La questione dei suini a Bettona non si esaurisce solamente con la vertenza della laguna ma si inserisce in un contesto generale quanto mai complesso. Le circa trenta stalle ubicate nel territorio - nella maggiorparte dei casi edifici obsoleti e troppo vicini alle abitazioni - rappresentano sicuramente la causa principale dell’oramai annoso problema della puzza, che soprattutto in estate è veramente difficile da sopportare. Il funzionamento stesso del depuratore presenta diversi punti di criticità. In effetti, ci sono molti motivi per pensare che il ciclo di smaltimento dei liquami attuato dall’impianto non sia ottimale; ne consegue che il materiale solido non viene pienamente separato da quello liquido e il refluo che viene depositato in laguna non risulta quindi completamente purificato. Ciò spiega anche perché la laguna ha raggiunto il suo livello di saturazione: essendo svuotato solamente della sostanza liquida utilizzata nella fertirrigazione, l’invaso è stato riempito – dopo oltre trent’anni di utilizzazione – dal residuo più pesante.

Ulteriori problematiche si hanno nell’attività della fertirrigazione dei campi. Come già detto, il refluo liquido prodotto dal depuratore non risulta totalmente purificato e presenta dunque alte percentuali di nitrati. Lo smaltimento dei liquidi richiederebbe inoltre la messa a disposizione di almeno 1200 ettari di terreno: sembra però che fino ad oggi la quantità complessiva di terreni destinati alla fertirrigazione non abbia mai superato i 300 ettari. La combinazione dei due fattori comporta quindi che i nitrati presenti nei reflui siano “spalmati” con grande densità nelle poche aree a disposizione; tali sostanze penetrano poi nei terreni e raggiungono le falde acquifere sotterranee, inquinando inevitabilmente i pozzi della zona. La situazione idrica del territorio è ulteriormente aggravata dai livelli d’inquinamento segnalati per i fiumi locali (fiume Chiascio, fiume Topino, torrente Cagnola). Le problematiche descritte per il depuratore hanno fatto in modo che – nel corso degli anni – lo smaltimento dei liquami sia avvenuto per così dire in una maniera più “rapida” e poco ortodossa, vale a dire scaricando i reflui direttamente nei corsi d’acqua.

Infine, alcuni abitanti del posto hanno notato la presenza di autobotti provenienti da fuori regione: il sospetto è quello che alcuni speculatori abbiano portato in zona rifiuti pericolosi e - grazie all’accodiscendenza di alcuni allevatori – li abbiano calati nelle condotte degli allevamenti insieme ai liquami animali. Questo timore trova conferma dalle rilevazioni di una centralina dell’ARPA sul fiume Chiascio a Ponterosciano di Torgiano, la quale negli ultimi tempi ha segnalato più di 60 allarmi per scarichi inquinanti. Tutti questi problemi di inquinamento preoccupano seriamente la popolazione locale: alcuni dati recenti dell’ASL evidenziano come a Bettona ci sia un’incidenza di certe malattie tumorali molto più elevata rispetto a quella dei territori limitrofi.

Nella vertenza, si inseriscono poi anche questioni di carattere economico e sociale. Bettona, da zona agricola e di allevamento, si vorrebbe riconvertire a territorio a completa valenza turistica, cosa però difficile se non si risolvono i problemi determinati dalla presenza dei suini. Teniamo conto che l’allevamento dei maiali, seppure attività radicata da decenni nel territorio, fornisce oramai pochissimi posti di lavoro: in effetti le società suinicole della zona agiscono in modalità di soccida per le grandi aziende del Nord Italia, occupandosi solamente della fase dell’ingrasso degli animali. Poiché tutte le altre fasi dell’attività (pianificazione dei lavori, produzione, vendita) avvengono altrove, ne risulta per Bettona un guadagno estremamente esiguo sia in termini occupazionali che di ricchezza. In sintesi, i vantaggi economici degli allevamenti suini riguardano solamente uno stretto numero di soggetti.

Relativamente alle problematiche descritte, il sindaco Lamberto Marcantonini ha dichiarato a più riprese che la sua amministrazione si sta fortemente adoperando per ottenere il risanamento ambientale del territorio. A questo scopo, è stato formulato un rigido pacchetto di misure che prevede la riduzione del 35% del numero dei maiali, l’ammodernamento delle stalle e la diminuzione drastica delle quantità di azoto presenti nelle acque reflue utilizzate nella fertirrigazione (passando dagli attuali 1000 mg/l ai 150 mg/l). Il sincaco continua inoltre a sostenere la bontà della scelta di costruire la seconda laguna di stoccaggio, considerata come l’unica soluzione efficace per evitare che le eccedenze di acque reflue azotate prodotte dal depuratore finiscano nel limitrofo fiume Chiascio.

La posizione di Marcantonini non viene affatto condivisa dal Comitato dell’Ambiente di Bettona che rimprovera all’amministrazione l’incoerenza tra le indicazioni dichiarate e la volontà espressa di costruire la seconda laguna. Che senso ha infatti, chiedono i responsabili del Comitato, costruire un secondo invaso delle stesse dimensioni del primo se si intende diminuire drasticamente il numero di capi di suini nel territorio? Non sarebbe meglio procedere svuotando la prima laguna senza costruire un’ulteriore sito di stoccaggio? Secondo il Comitato, questa scelta dell’amministrazione comunale sarebbe il segnale che si vuole potenziare l’attività di produzione di energia del depuratore: in effetti, con la diminuzione del numero dei maiali, il progetto del secondo invaso avrebbe significato solo come spazio di stoccaggio per attività di natura diversa. Da anni a Bettona si parla di lavori di adeguamento dell’impianto e quest’ultimi potrebbero celare una vera e propria trasformazione del depuratore in una centrale a biomasse, alimentata non più solo dai liquami di origine animale ma da tutta una lunga sequela di materiali organici (oli vegetali, rifiuti urbani, etc.). Sebbene l’opinione pubblica tenda a considerarle come forma di energia pulita, le biomasse presentano molti aspetti di criticità sia nel reperimento del carburante organico necessario al processo di produzione dell’energia che nella combustione delle sostanze utilizzate. Il professor Montanari ad esempio, oltre a segnalare che le centrali a biomasse producono diossine e nano particelle, evidenzia come in molti casi questi tipi di impianto vengano direttamente convertiti in inceneritori dopo pochi mesi dalla loro attivazione. Il Comitato Ambiente di Bettona lamenta la mancanza di chiarezza sul futuro del depuratore e bolla come sospette alcune azioni dell’amministrazione comunale: la stessa autorizzazione di settembre alla costruzione della seconda laguna sarebbe avvenuta in modo tale dai baypassare tutto l’iter amministrativo necessario ed evitare la valutazione d’impatto ambientale ad un progetto già presentato più volte in passato e puntualmente bocciato dalle autorità competenti.

Il Comitato richiede inoltre uno studio di compatibilità ambientale che stabilisca quale sia il numero massimo di suini ospitabili nel territorio (bisogna tener conto che un maiale consuma e conseguentemente inquina come quattro persone circa. Con il numero attuale di suini dunque, Bettona – comune di 4000 abitanti e di 45 chilometri quadrati di superficie – sarebbe comparabile, per quanto riguarda lo smaltimento dei reflui fognari, a città come Firenze o Bologna). Ultima richiesta del Comitato è quella di ripensare ad una riconversione dell’attuale attività suinicola secondo il principio della filiera corta, in modo tale che lavorazione del maiale avvenga direttamente in loco secondo rigorosi criteri di qualità.


Sull'argomento, guarda nel blog anche l'intervista a Giorgio Foresti .

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