giovedì 26 giugno 2008

Usa, diritto a possedere armi confermato dalla Corte Suprema

WASHINGTON - Con una sentenza storica e destinata a far discutere, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha confermato, rafforzandolo, il diritto individuale dei cittadini a possedere armi da fuoco. Viene così ribadita la validità del secondo emendamento della costituzione americana e viene dichiarata incostituzionale la legge del distretto di Columbia, dove sorge la capitale Washington, che invece vieta ai propri residenti di avere pistole e fucili. La questione ha diviso i nove giudici della Corte Suprema, che si sono pronunciati per 5-4. Decisivo è stato il voto del moderato Anthony Kennedy che si è unito ai quattro conservatori assicurando loro la maggioranza nello stabilire che quello a portare le armi è un diritto individuale e non collettivo. Questo significa che è inviolabile al pari del diritto al voto o della libertà di espressione. Il caso si era trasformato in un test nazionale sul diritto al porto d'armi, perché ha spinto la Corte Suprema a far chiarezza sull'interpretazione del secondo emendamento alla Costituzione, che sancisce dal 1791 il diritto a essere armati ma la cui interpretazione è da sempre oggetto di acceso dibattito. Il paragrafo infatti garantisce il diritto di possedere armi per difesa personale a "milizie organizzate", ma non è chiaro se si riferisca anche ai singoli cittadini. In particolare la municipalità di Washington proibisce dal 1976 il possesso di qualsiasi arma non registrata. Senza una licenza, non si può neanche trasportare un'arma da una camera all'altra della stessa casa. E le pistole in regola non devono avere il proiettile in canna. Un provvedimento severo, introdotto per fermare la cronica violenza nelle strade della capitale.
A fare ricorso è stata una guardia giurata, Dick Heller, affermando che se poteva avere un'arma al lavoro allora aveva il diritto di tenerne una anche in casa per autodifesa. L'uomo, insieme ad altre sei persone, si appellava al fatto che difendere la propria famiglia e nella propria casa (in un quartiere pericoloso) fosse un diritto insindacabile e al fatto che non essere armato fosse da irresponsabili. Nel marzo del 2007 una corte federale ha dato ragione a Heller, decidendo per la non costituzionalità del divieto. Tuttavia la città, dicendosi contraria al "grilletto facile", si è appellata contro la sentenza spedendo il caso alla Corte Suprema, il maggiore organismo giudiziario degli Stati Uniti. La sentenza, l'ultima dell'anno giudiziario della Corte, è ora destinata a entrare nella campagna elettorale, per le inevitabili conseguenze che avrà nel dibattito tra i candidati alla Casa Bianca. La decisione dei giudici potrebbe avere ripercussioni anche a livello nazionale, sulle leggi che regolano il porto d'armi anche in altri Stati. Quando fu scritto il secondo emendamento, più di 200 anni fa, gli Usa si trovavano in un periodo storico in cui i nascenti Stati d'America avevano ognuno delle milizie proprie. Niente a che vedere con la situazione attuale, con il fantasma di stragi come quella di Columbine. L'ultima in ordine di tempo risale allo scorso febbraio quando una giovane ha sparato in una università della Louisiana uccidendo due studentesse prima di suicidarsi. Poche ore prima nel municipio di Kirkwood, un sobborgo di St. Louis, nel Missouri, un uomo aveva ucciso cinque persone, prima di venire ucciso dai proiettili di un poliziotto. In quella giornata furono resi noti alcuni dati forniti dall'Fbi secondo cui in mano ai privati americani ci sono 200 milioni di armi, senza contare quelle di militari, poliziotti e professionisti della sicurezza, un numero che cresce al ritmo di quasi cinque milioni ogni anno. C'è un'arma in quasi metà delle case americane, esattamente in 48 milioni di famiglie. L'acquisto di un'arma negli Usa è cosa quanto mai facile e in 48 Stati è libera la vendita anche dei fucili d'assalto.

1 commento:

TheEye ha detto...

Il pronunciamento della Corte Suprema rafforza un’interpretazione estensiva storicamente consolidata, non senza polemiche, del II Emendamento (“Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una ben organizzata milizia, non si potrà violare il diritto dei cittadini di possedere e portare armi”). Questa interpretazione non tiene tuttavia conto di un cambiamento culturale nella società americana, soprattutto dopo l’11 settembre. Attribuire alla facilità di acquisto delle armi la causa primaria, se non esclusiva, dei frequenti episodi di violenza negli USA, soprattutto all’interno di college, non è infatti esaustivo a spiegare un fenomeno ben più complesso. Il Canada, infatti, paese dalle consolidate tradizioni venatorie e dove è altrettanto facile acquistare armi, non presenta fenomeni del genere, se non in casi estremamente rari.
Nel caso statunitense entrano quindi in gioco elementi ben più complessi. L’ossessione psicologica per la sicurezza a cui è sottoposta l’opinione pubblica, la violenza diffusa anche nei videogiochi e nella televisione, un egoismo alienante, la mania del timore per “l’altro”, sono tutta una serie di concause che contribuiscono a determinare la particolare situazione statunitense, e che la sentenza della Corte Suprema non aiuta certo a migliorare.