martedì 6 ottobre 2009

ANDATE A MORIRE AMMAZZATI (linguaggi e linciaggi ai tempi di Silvio B.)


È difficile, se non impossibile, riuscire a comprendere la ragione del perché un ministro della Repubblica possa urlare in mondovisione ai suoi avversari politici una frase come “andate a morire ammazzati”, e poi, chiamato a rispondere sulla grave questione, liquidi il tutto dicendo che si trattava soltanto di un’innocente frase “ironica”. Eppure, leggo dal vocabolario, ironia “deriva dal greco eiron”, e si usa quando si dice qualcosa “intendendone un’altra”, creando “un effetto di stacco tra il significato superficiale di una dichiarazione e il suo significato nascosto”. Dov’è allora, caro ministro Brunetta, il significato nascosto di una frase truce, volgare e obbrobriosa come “andate a morire ammazzati”? Non capisco, non capisco proprio.

Forse è abbastanza inutile e ridicolo cercare spiegazioni. Forse occorre semplicemente ammettere che la deprimente rivoluzione socioculturale compiuta ai tristi tempi di Silvio B. è riuscita anche a sovvertire idiomi e linguaggi, distorcendo, rovesciando e cancellando i significati originari e secolari delle parole. Impresa che non era riuscita nemmeno al regime fascista, che pure al linguaggio aveva dedicato attenzione maniacale (vedi l’epurazione dei termini anglofoni e dei francesismi, oppure l’uso e l’abuso di ampollosità retoriche ed enfatiche d’ogni sorta). Ai tempi del ventennio il mussoliniano “me ne frego” significava esattamente “me ne frego”, “eia eia alala” nessuno lo capiva, ma era un antico grido di guerra greco ripreso da D’Annunzio, usato appunto dal Duce per incitare la Patria in armi; ai tempi di Silvio B. invece, “ironia”, in barba a qualsiasi derivazione etimologica, diventa di colpo sinonimo di insulto, offesa, turpiloquio.

E se le parole cambiano e stravolgono il loro significato originario, figuriamoci le azioni che ne conseguono. Ecco allora che “delinquenziale” (tra l’altro, che brutta parola…) non è il fatto che un ministro auguri ai suoi avversari politici una violenta morte di massa, ma è “delinquenziale” (ripeto, parola terrificante…) che un programma televisivo (leggi Santoro) si interroghi sul perché un Presidente del Consiglio non solo trascorra serate circondato da professioniste del sesso, ma che le proponga anche come candidate al Parlamento Europeo. E rovesciato, di conseguenza, è anche il significato della parola “competenza”, termine invece straordinario, che fonde i concetti di “conoscenza” e “capacità”: “essere competente di…”, un tempo, voleva dire che quella persona conosceva profondamente quella data cosa e, soprattutto, era capace di farla e applicarla. Quindi per fare qualcosa, qualsiasi cosa, occorreva esserne competenti: fare politica voleva dire aver militato a lungo nelle sezioni, conoscere la costituzione, le leggi, possedere capacità dialettiche, conoscere a fondo quei settori in cui, attraverso l’azione politica, si intendeva intervenire. Ai tempi di Silvio B., che voleva riempire le sue liste per le europee di vallette, starlette, escort e via dicendo, la competenza non ha più alcun significato. Platone, cinque secoli prima di Cristo, scriveva che il malfunzionamento degli Stati era l’inevitabile conseguenza della mancanza di competenze, del fatto di come gli uomini fossero collocati nei posti sbagliati. Ma questo era Platone, un filosofo, un sapiente, un uomo che viveva di e per la cultura, un uomo che un tempo sarebbe stato un modello, un punto di riferimento. Non oggi, ai tempi di Silvio B., quando e dove il modello princeps è uno come Flavio Briatore, uno che a ogni benedetta intervista non si stanca di vantarsi come non abbia mai letto un libro in vita sua, di come la scuola sia stata una colossale perdita di tempo.

Capita, ai tempi di Silvio B., che lo stesso termine “coraggio” risulti svuotato del suo nobile significato (deriva dal latino “cor, cordis”, cuore, inteso sia fisicamente sia moralmente): quello di un ragazzo come Roberto Saviano, che è riuscito a smascherare e a denunciare (con la sola forza delle parole) il clan camorrista più potente del mondo, e che adesso è costretto a vivere da braccato e ad avere come migliori amici i cinque uomini della sua scorta, non è “coraggio” ma è, come non smette un attimo di ricordare la banda dei vari Fede, Feltri, Giordano e Belpietro, “tornaconto personale”, “pubblicità”, “guadagno economico”, “culto di se stesso”, “smania di apparire”. Ai tempi di Silvio B. è la lotta di Saviano alla camorra la vera “smania di apparire”, non la nullafacenza delle centinaia di “concorrenti” dei reality show che affollano a qualsiasi ora i palinsesti della televisione generalista.

E a proposito di “culto di se stesso”…ai tempi di Silvio B. è ovviamente Saviano a fare pubblico culto di se stesso scrivendo un romanzo di denuncia come “Gomorra”, non lo stesso Silvio B., il quale, oltre ad essersi autoproclamato “miglior presidente del consiglio della storia della Repubblica”, si gongola tronfio nelle svariate canzoni (canzoni?) a lui dedicate. Con le canzoni Silvio B. era partito soft, con un inno quasi innocente e per lo meno “pluralista”: “E Forza Italia…e siamo tantissimi…”. Poi quel “noi” dell’inno è gradatamente sparito lasciando spazio all’ego debordante del premier: “c’è un sogno che vive dentro di noi/ siamo la gente della libertà/ presidente siamo con te/ meno male che Silvio c’è”. Al di là della metrica terrificante (la rima “c’è/te” è da brivido), l’apoteosi è stata toccata con l’ultima canzone (canzone?), “La pace può”, colonna sonora ufficiale per la candidatura di Silvio B. al nobel per la pace (nobel per la pace?). Una voce lirica similbocelliana canta, pomposa e barocca: “C’è un presidente/ sempre presente/ che ci accompagnerà/ Siamo qui per te/ cuore ed anima/ un Nobel di pace/ Silvio Silvio grande è”. Credo che, in quanto a “culto di se stesso”, nemmeno Stalin sia arrivato a tanto. “Silvio Silvio grande è”…alla fine, viene quasi voglia di rimpiangere “Faccetta nera”.

RICCARDO LESTINI, 3 ott. 09

1 commento:

Pablos Parigi ha detto...

Ecco...la conferma che siamo arrivati in basso. Se un politico, rappresentante del paese e delle Istituzioni, si permette di dire cose di questo genere e poi ritrattare in quel modo, non credo che la società possa essere meglio e fare poi altrettanto...visto che oggi si cercano sempre strade comode per semplificare tutto ed ottenere di più! Ho solo una grande amarezza e vorrei che i ragazzi capissero che i loro genitori stanno sbagliando alla grande..vorrei, vorrei esaudire tutti i sogni miei...come dice Cesare Cremonini.