domenica 28 giugno 2009

A Genova un Pride contro ogni intolleranza

tratto da www.ilmanifesto.it

Quelli che si girano di là perché magari c’è uno scazzo in corso ed è meglio non entrarci. Quelli che meglio lasciar perdere per non mettersi nei guai. Quelli che non mi riguarda. E’ anche dedicato a loro il Pride nazionale oggi a Genova. A quelli come quelli che erano a piazza Bellini a Napoli dove Maria Luisa ha perso un occhio per le botte dei naziskin. ‘’Il presidente della Repubblica le riconosca la medaglia al valor civile – chiede con forza da ieri il presidente dell’Arcigay Aurelio Mancuso - è un episodio orribile avvenuto nella quasi indifferenza delle persone che erano intorno. Significa che in questo paese il seme dell’odio, dell’omofobia, della disattenzione verso le persone meno tutelate, sta passando e questa è responsabilità anche della politica’’.

Sì oggi ci saranno le trans, le drag queen, i colori, la festa e qualche nota boccaccesca, ma alla base c’è la rivendicazione di diritti negati a nostri concittadini solo perché esprimono un diverso orientamento sessuale. Ieri si discuteva con un amico che lavora nella comunicazione: ma secondo te uno cambia sesso per farsi una passeggiata? Per affrontare ormoni, operazioni uno/una deve essere convinta. Quello mi racconta che conosce un ragazzo che a un certo punto è sparito per un po’ ed è riapparso che era donna. Un comune amico lo incontra, la neo-lei lo saluta con slancio e lui imbarazzatissimo.

Perché? Il problema era se il resto della gente in fila al supermercato non potesse pensare che anche lui ‘’se lo faceva mettere…’’ (testuali parole con omissis). Ne deriva che ogni valutazione sul mondo lgbtq parte da che cosa sia lecito o meno fare in camera da letto e quindi da lì stabilire l’accesso o meno ai diritti. E’ come una frase che ronza nel cervello, buttata lì tra il serio e il faceto, da uno dei coordinatori del Pride, Alberto Villa, al Village (che ha colorato al Porto antico le notti genovesi per dieci giorni prima dell’evento nazionale): ‘’tanti genovesi non vengono qui, perché poi se mi vede qualcuno pensano sia diventato gay’’. Prima ancora dei diritti al matrimonio, alla paternità e maternità (sarebbero 100 mila i figli nati da omosessuali o lesbiche in Italia), bisogna smuovere pregiudizi radicati che fanno dire a qualcuno "con quelli non voglio avere niente a che fare". Il tempo non manca: il corteo parte oggi pomeriggio dalla Stazione marittima per attraversare Genova sino a piazza De Ferrari. Gli ultimi quattrocento metri saranno di silenzio per le vittime irachene e quelle di tutte le dittature. Facciamo pure silenzio nel silenzio. Ma non stiamo mai zitti dopo.

di Alessandra Fava

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