Un’enorme pala di mulino oppure il dorso di un pesante volume di circa 1200 pagine. Al centro una porta che serve ad entrare e ad uscire. Ad esempio dalla finzione e dalla realtà, salvo poi abbandonarle entrambe per immergersi nella terza dimensione, quella del romanzo. E dal libro dentro al libro, che rivive sul palco, i personaggi del Don Chisciotte si sono avventurati nel loro cammino teatrale sotto la direzione di Franco Branciaroli.
A far strada lungo gli avventurosi percorsi le voci di due grandi uomini di teatro nella entusiasmante imitazione dell'attore, autore e regista teatrale: Carmelo Bene e Vittorio Gassman nei ruoli di se stessi e in quelli della celebre coppia Sancio Pancia e Don Chisciotte. Personaggi assurti, in qualche modo, alla condizione di miti. Ed è proprio la netta divisione tra mito e realtà che viene annunciata ad inizio spettacolo: “il proscenio segna una linea di demarcazione tra l’aldilà e il pubblico”. I miti immersi nel tempo eonico guardano la realtà del pubblico nel suo divenire “cronico” e viceversa.
Il rapporto con la tradizione è al centro di questo spettacolo e sembra riproporsi nella scelta della coppia Gassman-Bene. I due come perfetti rappresentanti, a torto o a ragione, di opposte visioni del teatro: “teatro di testo versus scrittura di scena”. Allo stesso modo la coppia Don Chisciotte-Pancia, nell’interpretazione di Borges, riproduce l’antinomia tra mondo della finzione e realismo, fatta vacillare nello spettacolo attraverso la critica al romanzo, dall’innesto del dubbio cartesiano sull’esistenza di verità assolute.
A risolvere questa serie di contrapposizioni, apparentemente insormontabili, una nuova categoria poetica: l’umorismo. L’umorismo nel Don Chisciotte di Cervantes e in quello di Branciaroli ha una funzione risolutrice: è l’incontro tra verità e finzione. Si completa così un ciclo: nell’imitazione la celebrazione del mito, della tradizione, nella parodia il suo superamento, nell’umorismo la sua relativizzazione e la definitiva reinclusione.
Così accoglie Franco Branciaroli il pubblico perugino, che in un continuo crescendo, nelle tre serate al Teatro Morlacchi culminate con la rappresentazione di domenica scorsa, ha reso omaggio al suo Don Chisciotte. Non una semplice trasposizione teatrale dell’antieroe di Cervantes, dunque, ma la sua concreta realizzazione, il tentativo ampiamente riuscito di coinvolgere il pubblico teatrale nell’affascinante gioco di specchi a cui il celebre Romanzo ha abituato i suoi lettori più attenti.
A far strada lungo gli avventurosi percorsi le voci di due grandi uomini di teatro nella entusiasmante imitazione dell'attore, autore e regista teatrale: Carmelo Bene e Vittorio Gassman nei ruoli di se stessi e in quelli della celebre coppia Sancio Pancia e Don Chisciotte. Personaggi assurti, in qualche modo, alla condizione di miti. Ed è proprio la netta divisione tra mito e realtà che viene annunciata ad inizio spettacolo: “il proscenio segna una linea di demarcazione tra l’aldilà e il pubblico”. I miti immersi nel tempo eonico guardano la realtà del pubblico nel suo divenire “cronico” e viceversa.
Il rapporto con la tradizione è al centro di questo spettacolo e sembra riproporsi nella scelta della coppia Gassman-Bene. I due come perfetti rappresentanti, a torto o a ragione, di opposte visioni del teatro: “teatro di testo versus scrittura di scena”. Allo stesso modo la coppia Don Chisciotte-Pancia, nell’interpretazione di Borges, riproduce l’antinomia tra mondo della finzione e realismo, fatta vacillare nello spettacolo attraverso la critica al romanzo, dall’innesto del dubbio cartesiano sull’esistenza di verità assolute.
A risolvere questa serie di contrapposizioni, apparentemente insormontabili, una nuova categoria poetica: l’umorismo. L’umorismo nel Don Chisciotte di Cervantes e in quello di Branciaroli ha una funzione risolutrice: è l’incontro tra verità e finzione. Si completa così un ciclo: nell’imitazione la celebrazione del mito, della tradizione, nella parodia il suo superamento, nell’umorismo la sua relativizzazione e la definitiva reinclusione.
Così accoglie Franco Branciaroli il pubblico perugino, che in un continuo crescendo, nelle tre serate al Teatro Morlacchi culminate con la rappresentazione di domenica scorsa, ha reso omaggio al suo Don Chisciotte. Non una semplice trasposizione teatrale dell’antieroe di Cervantes, dunque, ma la sua concreta realizzazione, il tentativo ampiamente riuscito di coinvolgere il pubblico teatrale nell’affascinante gioco di specchi a cui il celebre Romanzo ha abituato i suoi lettori più attenti.
di Isabella Rossi
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