Introduzione
La catastrofe umanitaria di un paese dimenticato, nella rappresentazione individuale di una madre che perde il proprio figlio. Pablos Parigi racconta la tragedia del popolo somalo, che dal 1991 sopporta le terribili ferite di una guerra civile senza fine. I media hanno rimosso gli stenti di una terra falcidiata da una lotta fratricida, in cui si fronteggiano nell’odio uomini dallo stesso sangue. A contendersi il potere, le truppe filogovernative sostenute da Etiopia e Stati Uniti, le fazioni mussulmane che compongono le Corti Islamiche e i signori della guerra che imperversano indisturbati nel paese. E come sempre in questi casi, è la popolazione civile a subire il peso disumanizzante della guerra. Attentati, esecuzioni sommarie, abbandoni forzati delle proprie abitazioni. Malattie, povertà estrema, fame. Un quadro cupo oramai fin troppo noto, da cui ogni conflitto nel pianeta sembra non poter trascendere. Dalla Somalia ogni anno, migliaia di profughi tentano una disperata fuga, imbarcandosi - attraverso il golfo di Aden - in zattere fatiscenti ed insicure. Salima aveva 19 anni quando scappò dalla sua Mogadiscio in fiamme. 19 anni appena, e una vita già segnata dal dolore. Un mortaio le portò via marito e primo figlio, lasciandola sola con un bimbo in grembo prossimo alla nascita. Cercò la salvezza verso nord, come tanti trovò spazio in una delle mille carrette del mare, che tutti i giorni salpano in vista delle coste yemenite. Il figlio ebbe in destino di venire al mondo nel momento peggiore, il suo pianto di infante si rivelò fatale. Udito dal trafficante di uomini che conduceva la nave, fu strappato in un istante dalle braccia della madre ancora esausta per il parto. E senza alcuna esitazione, gettato in mare...La storia di Salima è la storia di un intero popolo che muore ogni giorno nell’indifferenza generale. Pablos Parigi la riporta alla nostra anima, in versi delicati e commuoventi…
La catastrofe umanitaria di un paese dimenticato, nella rappresentazione individuale di una madre che perde il proprio figlio. Pablos Parigi racconta la tragedia del popolo somalo, che dal 1991 sopporta le terribili ferite di una guerra civile senza fine. I media hanno rimosso gli stenti di una terra falcidiata da una lotta fratricida, in cui si fronteggiano nell’odio uomini dallo stesso sangue. A contendersi il potere, le truppe filogovernative sostenute da Etiopia e Stati Uniti, le fazioni mussulmane che compongono le Corti Islamiche e i signori della guerra che imperversano indisturbati nel paese. E come sempre in questi casi, è la popolazione civile a subire il peso disumanizzante della guerra. Attentati, esecuzioni sommarie, abbandoni forzati delle proprie abitazioni. Malattie, povertà estrema, fame. Un quadro cupo oramai fin troppo noto, da cui ogni conflitto nel pianeta sembra non poter trascendere. Dalla Somalia ogni anno, migliaia di profughi tentano una disperata fuga, imbarcandosi - attraverso il golfo di Aden - in zattere fatiscenti ed insicure. Salima aveva 19 anni quando scappò dalla sua Mogadiscio in fiamme. 19 anni appena, e una vita già segnata dal dolore. Un mortaio le portò via marito e primo figlio, lasciandola sola con un bimbo in grembo prossimo alla nascita. Cercò la salvezza verso nord, come tanti trovò spazio in una delle mille carrette del mare, che tutti i giorni salpano in vista delle coste yemenite. Il figlio ebbe in destino di venire al mondo nel momento peggiore, il suo pianto di infante si rivelò fatale. Udito dal trafficante di uomini che conduceva la nave, fu strappato in un istante dalle braccia della madre ancora esausta per il parto. E senza alcuna esitazione, gettato in mare...La storia di Salima è la storia di un intero popolo che muore ogni giorno nell’indifferenza generale. Pablos Parigi la riporta alla nostra anima, in versi delicati e commuoventi…
Corno d'Africa Somalo
Vivo da diciannove lunghi anni
Nella guerra, inferno della città
Mogadiscio, macerie e danni
Tra eserciti di differenti nazionalità.
Di giorno una lotta per la sopravvivenza
tra mortai e granate, maledette mitragliatrici
spari dagli scheletri di palazzi e violenza
esco per cercare del pane, mi nascondo ai nemici.
Amore, ce l’ho fatta, oggi mangeremo
Apro la porta…polvere dalla camera…
Dio, il tetto caduto ma ora dove andremo
Amore, mi hai lasciata, la vita una chimera
Salima diciannove anni nella guerra
Ora la sua famiglia è tra le macerie maciullata
Aggredita dalle Corti Islamiche, terra
Tormentata che nessuno governa, abbandonata.
Fuggo sola con il mio bambino in corpo
su oscure barche di trafficanti, Caronte
moderno drogato cervello dal gin distorto
“Taci! Pezzente!” Accoltellato e giù dal ponte.
Un giovane uomo voleva acqua per pietà
Non ha sentito ragioni quel trafficante
L’ha guardato e sulla testa…tla tla
Sangue schizzato tra la gente spaventata delirante.
Ecco il mare dolce mi addormenta
Il mio piccolo sente l’odore fino dentro
(Dio!) le contrazioni…una tormenta
arriva il neonato lo sento lo sento!
…
Piangi figlio per il mondo intorno
Vedi il mare azzurro…qual spettacolo
puoi sentire da un angolo del Corno
Mio bambino…troppo presto nato, piccolo
“Donna! Basta cosa succede la vicino?”
dal pianto l’ubriaco è spaventato, accecato
l’ira lo tormenta, e strappa il bambino
l’afferra come un pallone, nel mare calciato
Ahh…
Ancora una notte e un giorno intero
Ho viaggiato senza più la mia anima
La costa yemenita…non mi pare vero
Diciannove anni ora è sola Salima.
Il trafficante ammara quei clandestini
e corre verso un altro viaggio duro
con la coscienza nel gin, conduce i destini
di altri uomini nel golfo di Aden scuro.
Salima ora senza nessuno,
anni ventuno
Pensa a quel mare che il suo neonato
ha abbracciato.
Grazie a Fausto Biloslavo e Alixandra Fazzina… che se non avessero raccontato questa storia io non avrei potuto viverla e scrivere una poesia…poca cosa per denunciare le tremende atrocità commesse dall’uomo-danaro, per mano di un altro uomo senza coscienza.
Pablos Parigi
1 commento:
Mi rendo conto che sia assurdo autocommentarsi, ma io lo faccio lo stesso. Da quando ho scritto questa poesia, mi sono state espresse tante idee, soprattutto positive e questo mi fa molto piacere...e per questo ringrazio tutti quelli che hanno letto e che poi hanno pensato, perchè questo era l'obiettivo primario...provocare un pensiero e rivolgerlo a chi di pensare non ha neanche la forza.
Poi, mi è stato detto che la mia scrittura è di sinistra e questo mi ha lasciato un pò così...perchè cerco sempre di essere sempre apolitico nel mio modo di essere e soprattutto nella poesia...Lo scrivere qualcosa non credo che mi autorizzi ad esprimere un concetto di destra o di sinistra soprattutto politico. Lo scrivere mi permette solo di mettere l'accento su quelle notizie o quei fatti che vengono sistematicamente ignorati o forse troppo pubblicizzati per poi provocarne un voluto annullamento...il dramma dei paesi poveri non può passare inosservato come l'acqua sotto i ponti...a pensarci bene ultimamente neanche l'acqua passa tanto inosservata sotto i ponti e nei fiumi, proprio ad incominciare da quei luoghi contesi dalla politica. Grazie ancora a tutti!!
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