Dal sito web de l'Unità.
La crisi, certo. La recessione, la depressione, il taglio del superfluo. Ma c’è almeno un settore che non decresce e anzi va a gonfie vele. È il comparto dell’acqua. Che sia effervescente o naturale, ricca di sodio o con poco magnesio, oligominerale o mineralizzata attraverso brocche o sistemi per potabilizzare quella casalinga, il «prodotto» continua a funzionare. C’è, anzitutto, che gli italiani poco si fidano di quanto arriva dal rubinetto. Temono l’eccesso di calcare, l’inquinamento delle falde acquifere, o semplicemente non ne amano il sapore. Ma c’è anche una condizione psicologica, non trascurabile. Da una parte l’idea che alcune acque in bottiglia possiedano proprietà benefiche acclarate. Dall’altra la sensazione che, anche in tempi di crisi, quello dell’acqua confezionata sia un acquisto plausibile, che non incida oltremodo sul budget familiare ma «faccia bene».
Lo commenta anche il responsabile marketing della San Benedetto che intervistiamo in uno degli articoli collegati e che spiega questa passione molto italiana come «un fatto culturale». L’acqua viene considerata a tutti gli effetti un genere alimentare, al pari di pasta o olio. Quindi deve essere di buona qualità. Per risparmiare, poi, ci sono mille sistemi. Dall’approvigionamento direttamente alla fonte ai filtri per pulire l’acqua di casa da qualunque residuo. Sia come sia, non si tratta di un consumo superfluo.
C’è poi una vaga connotazione psicologica: le bollicine «mettono allegria». Proprio così, testuale. Un po’ come succedeva con l’Idrolitina o le altre polverine «magiche» che riempivano le caraffe dell’Italia anni Sessanta. Era bicarbonato di sodio mescolato all’acido malico e tartarico, ma quello della bustina da versare nella bottiglia con tappo ermetico era un rituale gettonatissimo. «Come acqua sorgiva direttamente a casa tua», diceva la pubblicità. Che a tutt’oggi fa massicciamente il suo dovere, imponendo stili di vita, reclutando star di ogni genere per promuovere acque che fanno digerire, che aiutano a dimagrire e a depurarsi. Il concetto «acqua uguale pulizia» è il più semplice da far passare, ma di grandissimo impatto. E funziona. Gli ultimi dati parlano chiaro. Un dossier presentato ieri da Legambiente e Altraeconomia dice che nel 2007 abbiamo consumato la bellezza di 12,4 miliardi di acqua confezionata e che siamo disposti a pagarla mille volte di più di quella che esce dal rubinetto di casa (in media 0,5 millesimi di euro al litro contro i 30/50 centesimi di euro al litro per quella in bottiglia).
Con 196 litri pro capite all’anno, siamo il Paese d’Europa che ne consuma di più. Il terzo al mondo dopo gli Emirati Arabi e il Messico. Un volume d’affari per le aziende del comparto - 192 fonti e 321 marche - che supera i 2,25 miliardi di euro. Le uniche a rimetterci sono Regioni e Province che per i canoni di concessione delle multinazionali dell’acqua prendono cifre irrisorie, regolate in alcuni casi da un Regio decreto del 1927. Funziona così: ci sono regioni, tipo la Puglia, dove ogni ettaro di concessione costa un euro, indipendentemente dal numero di litri imbottigliati. In Veneto, al contrario, tre euro. In Abruzzo la tariffazione è forfettaria, a Bolzano si paga un canone annuo. Una sperequazione.
Legambiente chiede una legge ma soprattutto continua ad invitare gli italiani a usare l’acqua del rubinetto. «Che è di ottima qualità», ribadiscono. E non produce inquinamento né tonnellate di plastica. Un dibattito molto nostrano. A Istanbul il forum internazionale dell’acqua ci consegna dati drammatici: un miliardo di persone nel mondo non dispone di acqua potabile e muore di sete. In Nord Africa e Medio Oriente, a due passi da noi che sguazziamo nelle bollicine.
La crisi, certo. La recessione, la depressione, il taglio del superfluo. Ma c’è almeno un settore che non decresce e anzi va a gonfie vele. È il comparto dell’acqua. Che sia effervescente o naturale, ricca di sodio o con poco magnesio, oligominerale o mineralizzata attraverso brocche o sistemi per potabilizzare quella casalinga, il «prodotto» continua a funzionare. C’è, anzitutto, che gli italiani poco si fidano di quanto arriva dal rubinetto. Temono l’eccesso di calcare, l’inquinamento delle falde acquifere, o semplicemente non ne amano il sapore. Ma c’è anche una condizione psicologica, non trascurabile. Da una parte l’idea che alcune acque in bottiglia possiedano proprietà benefiche acclarate. Dall’altra la sensazione che, anche in tempi di crisi, quello dell’acqua confezionata sia un acquisto plausibile, che non incida oltremodo sul budget familiare ma «faccia bene».
Lo commenta anche il responsabile marketing della San Benedetto che intervistiamo in uno degli articoli collegati e che spiega questa passione molto italiana come «un fatto culturale». L’acqua viene considerata a tutti gli effetti un genere alimentare, al pari di pasta o olio. Quindi deve essere di buona qualità. Per risparmiare, poi, ci sono mille sistemi. Dall’approvigionamento direttamente alla fonte ai filtri per pulire l’acqua di casa da qualunque residuo. Sia come sia, non si tratta di un consumo superfluo.
C’è poi una vaga connotazione psicologica: le bollicine «mettono allegria». Proprio così, testuale. Un po’ come succedeva con l’Idrolitina o le altre polverine «magiche» che riempivano le caraffe dell’Italia anni Sessanta. Era bicarbonato di sodio mescolato all’acido malico e tartarico, ma quello della bustina da versare nella bottiglia con tappo ermetico era un rituale gettonatissimo. «Come acqua sorgiva direttamente a casa tua», diceva la pubblicità. Che a tutt’oggi fa massicciamente il suo dovere, imponendo stili di vita, reclutando star di ogni genere per promuovere acque che fanno digerire, che aiutano a dimagrire e a depurarsi. Il concetto «acqua uguale pulizia» è il più semplice da far passare, ma di grandissimo impatto. E funziona. Gli ultimi dati parlano chiaro. Un dossier presentato ieri da Legambiente e Altraeconomia dice che nel 2007 abbiamo consumato la bellezza di 12,4 miliardi di acqua confezionata e che siamo disposti a pagarla mille volte di più di quella che esce dal rubinetto di casa (in media 0,5 millesimi di euro al litro contro i 30/50 centesimi di euro al litro per quella in bottiglia).
Con 196 litri pro capite all’anno, siamo il Paese d’Europa che ne consuma di più. Il terzo al mondo dopo gli Emirati Arabi e il Messico. Un volume d’affari per le aziende del comparto - 192 fonti e 321 marche - che supera i 2,25 miliardi di euro. Le uniche a rimetterci sono Regioni e Province che per i canoni di concessione delle multinazionali dell’acqua prendono cifre irrisorie, regolate in alcuni casi da un Regio decreto del 1927. Funziona così: ci sono regioni, tipo la Puglia, dove ogni ettaro di concessione costa un euro, indipendentemente dal numero di litri imbottigliati. In Veneto, al contrario, tre euro. In Abruzzo la tariffazione è forfettaria, a Bolzano si paga un canone annuo. Una sperequazione.
Legambiente chiede una legge ma soprattutto continua ad invitare gli italiani a usare l’acqua del rubinetto. «Che è di ottima qualità», ribadiscono. E non produce inquinamento né tonnellate di plastica. Un dibattito molto nostrano. A Istanbul il forum internazionale dell’acqua ci consegna dati drammatici: un miliardo di persone nel mondo non dispone di acqua potabile e muore di sete. In Nord Africa e Medio Oriente, a due passi da noi che sguazziamo nelle bollicine.
2 commenti:
Riflessione acquatica…
Io arrivo da Torino, una grande città che negli ultimi anni, dal 2004 al 2007 aveva incominciato a chiudere i rubinetti, nel vero senso della parola, per esigenze effettive di carenza idrica generalizzata. Le fontanelle verdi giustamente giacevano in molti luoghi senz'acqua. La qualità di quell'acqua molto spesso non so se fosse molto elevata, visto il forte odore di cloro che il getto d'acqua emanava, ma era acqua potabile già pagata dal cittadino. Non so se per effetto della crisi idrica o per scarsa qualità dell'acqua pubblica o per aumento delle pubblicità da qualsiasi schermo propagate dell'acqua imbottigliata, ecco schizzare il consumo della bottiglia di plastica di ogni forma e colore. Cambio regione, paese e vado a stabilirmi a Spoleto e guardandomi intorno scopro tante fontane bellissime con acqua fresca e buonissima, senza minimo odore di quel cloro. Entro nei supermercati ed ecco ancora pile di casse d'acqua dai colori più variegati. Gli esercizi pubblici non possono farne a meno ma i privati? Tutti quelli che conosco comprano acqua imbottigliata...ecco l'usanza dell'italiano anche qui. Ora, non parlo delle poche fontanelle nelle grandi città, dall’acqua potabile gratuita, ma delle piccole città di queste zone accarezzate dalla dolcezza e dalla mitezza della Natura perchè da esse il povero contribuente sempre sfruttato non cerca di risparmiare qualcosa usufruendo di quell’acqua buona? Non voglio pensare che sia un problema di comodità, ma piuttosto di cultura, che ci ha portato ad avere tutto e subito senza fatica. E se da quel rubinetto non uscisse più l’acqua una mattina come faremmo a fare due docce al giorno? L’igiene è importante ma la sopravvivenza delle future generazioni lo è di più oppure il nostro egoismo cosmico ci porta a vivere l’oggi in modo cieco senza pensiero per il domani ? Giudicate voi, ma il solo pensiero di un bimbo che questa mattina non abbia bevuto neanche una goccia d’acqua, mi fa molto riflettere e se quel bambino fosse mio nipote o il tuo domani? Aspetta che bevo un sorso d’acqua dalla mia bottiglietta di plastica ottantasette volte riciclata per riempire l’acqua alla fontana….fresca. Che fortuna anche oggi, poterlo fare liberamente e gratuitamente. Tornando a quel tuo e mio nipote a quel bimbo africano come ti senti a buttare nella fogna nera quaranta litri d’acqua ogni volta per lavarti i denti? Io male ed ogni giorno è una dura lotta contro me stesso per eliminare tutti questi gesti di spreco incondizionato e non è facile vivendo nella frenesia di oggi…ma ci provo. Se ci riesco ai posteri l’ardua sentenza…provateci pure voi. Salute!
Segnalo anche articolo su perfettaletizia.blogspot.com per una completezza maggiore.
E' sempre una goccia nel mare,
ma alle volte qualcosa può cambiare
solo basta non pensare alla tristezza
ed alla vita con sua profonda amarezza.
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