martedì 2 dicembre 2008

Depenalizzazione dell'omosessualità: discriminazione verso chi?


Due ragazzi di 16 e 18 anni vengono impiccati nel 2006
in Iran per il reato di omosessualità.


Nella terra dove si può affermare tutto e il contrario di tutto senza obbligo di smentita, ormai non fa più di tanto scalpore l’ennesima presa di posizione della Chiesa contro gli omosessuali. Bisogna riconoscere quanto meno una certa coerenza, virtù assai rara in questo paese, da parte dell’istituzione ecclesiastica, la quale mantiene in materia di sessualità una direzione ferma e precisa.

Per quanto mi riguarda però, gli aspetti positivi si fermano qui perché le dichiarazioni del monsignor Celestino Migliore, prontamente segnalate dal nostro The Eye, sono sicuramente discutibili e per certi versi pericolose. L’inopportunità di tali affermazioni si manifesta, a mio avviso, in due direzioni distinte.

La prima cosa che non capisco è perché la Chiesa batta tanto il proprio martello, e con tanta foga, sul tema dell’omosessualità. La mia impressione è che il rapporto che essa ha con il sesso è fobico, quanto meno non sereno, quasi innaturale. Non mi addentro in questioni teologiche di cui non sono esperto, ma non capisco in cosa si esplica il peccato verso Dio quando l’uomo, che è sua immagine e somiglianza, segue le sue intime pulsioni; le quali si manifestano – mi dispiace che gli uomini di Chiesa la pensino diversamente – anche tra persone dello stesso sesso. Non capisco perché la Chiesa voglia addentrarsi nella sfera privata delle persone o perché metta in discussione questo diritto sacrosanto, vale a dire il rendere possibile il desiderio di due persone che realmente si amano, di dare vero compimento alla propria vita. Perché invece non approfittare dell’alta valenza morale di cui è riconosciuta per condannare con più veemenza coloro che danno inizio a guerre, deturpano l’ambiente o gettano il prossimo nella disperazione per mero interesse personale?

Il secondo aspetto di inopportunità, e da questo punto di vista non capisco come il Vaticano possa essere ancora così miope, è che questo tipo di dichiarazioni alimentano una cultura dell’intolleranza verso cui la Chiesa dovrebbe esprimere invece una ferma condanna. Papa Ratzinger ha richiamato più volte nelle sue omelie una cultura del rispetto e dell’amore reciproco, ha invocato giustamente la libertà di espressione e di pensiero per quei Cristiani che vivono in terre dove prevale un fondamentalismo religioso di altra natura. Nella nostra Italia, tuttavia, è ancora difficile per una qualsiasi persona esprimere un’ identità sessuale non “convenzionale”. La Chiesa ha certamente grandi responsabilità in questo senso e tali dichiarazioni non rendono certo più facile la situazione.

“Non dobbiamo mettere alla gogna i paesi che non riconoscono le unioni gay”, ci dice il monsignor Migliore. Noi non mettiamo alla gogna nessuno, incominciamo tuttavia a dire che nel mondo ci sono ottanta e più paesi che puniscono legalmente il reato di omosessualità. Che forse a discriminare sono i nove paesi che prevedono la condanna a morte per chi è riconosciuto gay o i tanti altri che prevedono il carcere a vita o la tortura. E che l’iniziativa del ministro francese per i diritti umani Rama Yade è una tappa fondamentale per quel cammino di civiltà che possa portare finalmente un giorno al riconoscimento pieno della dignità della persona, aldilà delle differenze di sesso, religione e pensiero.

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