Se si fa un giro per i quattro isolati di North Beach, quartiere italiano nel cuore di San Francisco, si sentono nell’aria gli odori tipici delle trattorie e delle pasticcerie della penisola. Una Little Italy che si snoda lungo Columbus Avenue, affollata di ristoranti e caffé italiani.
Non è facile quantificare il numero di residenti della zona, molti vivono qua ormai da quaranta anni e non hanno mai richiesto la cittadinanza statunitense, “perché sono orgoglioso di essere italiano” dice Maurizio, pensionato romano, a Frisco da trentotto anni.
In città ogni quartiere è un mondo a sé: si va dalla zona sudamericana di Mission ai mercatini di Chinatown fino ai grattacieli di Finantial District e alle residenze vittoriane di Nob Hill. Ciò che li accomuna è il forte interesse che si respira per le imminenti elezioni presidenziali.
A dominare è lo slogan “Yes, we can!” e i banchetti che distribuiscono adesivi e spille con il volto sorridente di Obama. Dai balconi di molte abitazioni e sulle vetrine dei negozi appaiono continuamente manifesti blu del Partito Democratico, mentre per le strade è facile incontrare persone di ogni età con su la maglietta di Barack.
A North Beach questo non accade. Non si incontrano né manifesti né banchetti e la gente non sembra affatto interessata a quanto accadrà il prossimo 4 novembre. Molti italiani, cittadini americani, non si sono iscritti alle liste elettorali e non mostrano l’intenzione di farlo nei giorni seguenti, nella convinzione che per loro nulla cambierà, qualsiasi sia il risultato finale.
Nonostante gli anni trascorsi lontano dal Bel Paese, è ancora sedimentata l’idea che l’esercizio del voto non serva poi a molto: “Non saprei chi scegliere, per me sono tutti e due la stessa cosa”, spiega Massimo, da una panchina di Washington Square, sostenuto nella sua opinione dagli amici, sicuri che nemmeno il 30 % degli italiani aventi diritto si recherà alle urne la settimana prossima.
Gli altri, la minoranza di coloro che invece alle urne ci andranno, si dividono a metà. Da una parte, i residenti italiani più anziani ed i proprietari dei ristoranti appoggeranno il candidato McCain, convinti di difendere meglio il loro business.
Dall’altra, i giovani italiani nati a San Francisco o residenti in città fin da piccoli e i lavoratori dipendenti vedono in Obama una possibilità di cambiamento per la cosiddetta middle class: “Il ceto medio va difeso, soprattutto dopo una crisi economica di queste dimensioni” dice Francesco, cameriere al Mona Lisa Restaurant, “ed è questo che farà vincere Obama. L’America è pronta ad eleggere un presidente di colore…o almeno l’America delle grandi città, come New York, Chicago o San Francisco. Per gli italiani è diverso, sembrano spaccati a metà, un po’ come è accaduto nel 2006 tra Berlusconi e Prodi…e dai discorsi che sento qua dentro voteranno in pochi”.
Dello stesso avviso sono anche alcuni avventori del ristorante, convinti che la recente crisi finanziaria affosserà McCain: “Qua ormai è percepito come il successore di Bush e non verrà certo aiutato da questo…l’unica speranza che ha di raccogliere qualche voto in più, tra gli italiani, è solo grazie alla Palin…avete presente? Contraria ai matrimoni gay ecc”, continua Maurizio.
Molti di loro rimpiangono “il miglior presidente degli Stati Uniti degli ultimi decenni”, Bill Clinton, e avrebbero preferito vedere Hillary battersi contro i Repubblicani.
L’avversione per il presidente uscente è palpabile, sono numerosi coloro che giudicano Bush un presidente incapace e intento solo a salvaguardare i propri interessi. E la critica ricade sul suo compagno di partito, considerato altrettanto inesperto in materia economica: “All’America serve un presidente che si intenda di economia, perché quello è il problema centrale. Uno come Clinton. Quando c’era lui, l’economia volava e la middle class non si lamentava. Anche Obama non è che sia poi così preparato, ma tanto nessuno può fare peggio di Bush!” spiega Gianfranco, negli States da oltre trent’anni.
La situazione appare traballante, nei quattro isolati di North Beach: un testa a testa tra i due candidati e uno scarso interesse per il risultato finale. Insieme ad una convinzione, radicata tra i più anziani: gli Stati Uniti non sono affatto pronti ad un presidente afro-americano e i sondaggi degli ultimi giorni non tengono conto del razzismo latente nelle piccole città, lontano dalle coste e dalla mentalità europea delle metropoli dell’East e dell’West.
Diverse le voci dei giovani italiani di San Francisco: Barack Obama ce la farà perché avrà il sostegno delle classi più deboli della società americana e di quella middle class che sembra sprofondare nello stesso disagio: “Io andrò a votare perché il mio voto lo aspetta il mondo intero…e voterò Obama perché, lo so, sarà davvero in grado di cambiare questo paese” e Max, ventitrè anni, sorride, sicuro della vittoria.
6 anni fa
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