domenica 27 settembre 2009

GATTI RANDAGI - gli ultimi del mondo

Monologo di resistenza umana, di Riccardo Lestini



Stanza di un ospedale. Un uomo anziano, Mario, è piegato su se stesso. Tutti i ruoli sono recitati dallo stesso attore.

MARIO Ahhhhhhhh!!!

(entra, di corsa, un’infermiera)

INFERMIERA Oddio, si sente male?

MARIO No infermiera, ho urlato così, perché mi diverto a urlare, c'è chi ha l'hobby del modellismo, chi della pesca…io invece urlo! So fare tanti urli, li vuol sentire? Ahhhhhhh! Questo era l'urlo dell'operaio incazzato, che facevo sempre alle manifestazioni sindacali negli anni '70! Ahhhhhhhhhh! Ecco, questo è l'urlo che preferisco, che ho perfezionato da poco, è quello del settantacinquenne malato di cancro allo stomaco! Se le è piaciuto glie lo rifaccio….ahhhhhhhhhh!

INFERMIERA Io le inietto della morfina!

MARIO No! Basta con la morfina! Se lo fa giuro che la denuncio! Non voglio quell'intruglio che mi sa solo rintronare…voglio morire lucido! Ha capito, lu-ci-do! Semmai, mi procuri una canna!

INFERMIERA Una canna? Per farne cosa?

MARIO Per ficcarmela…e non mi faccia essere volgare! Per fumarla, è ovvio! Cosa ci si fa con le canne, si fumano! Voglio dell'haschisch! Altro che morfina!

INFERMIERA Lei non sta bene…

MARIO Bella scoperta, complimenti infermiera! Ho un cancro allo stomaco, certo che non sto bene!

INFERMIERA Lei mi fa paura…

MARIO Ha paura infermiera? Certo che siete strani in questo ospedale…dovrei essere io, che sto per morire, quello terrorizzato!

INFERMIERA C'è qui fuori suo figlio…

MARIO E allora che aspetta, lo faccia entrare!

(entra il figlio)

INFERMIERA (uscendo, piano al figlio) Stia attento…oggi è peggio del solito!

FIGLIO Ciao papà! Hai spaventato ancora l’infermiera?

MARIO Quella là è solo una stupida oca…piuttosto, mi hai portato l'haschisch?

FIGLIO Dai papà, ne abbiamo già parlato, quella roba non la puoi fumare, stai male!

MARIO Ma allora siete tutti stupidi! Ma come, la morfina sì e l'haschisch no? Ma lo sai che la morfina è una droga mille volte più pesante dello spinello? E poi, io sto per morire, non mi sono mai fatto una canna in vita mia, volete esaudirlo o no questo mio ultimo desiderio?

FIGLIO Papà, è illegale!

MARIO (rifacendogli il verso) Papà è illegale! Ma che razza di figlio sei? Da dove sei uscito fuori? Secondo me ti hanno scambiato di culla…ma nemmeno, sei nato in casa! Io non lo so com'è che sei diventato così…

FIGLIO Così come?

MARIO Guardati…ti sei dimenticato tutto, chi siamo, da dove veniamo…loro ti danno un contentino e tu subito dietro a sbavare come una cagna in calore…sei diventato un borghese perfetto, talmente perfetto che mi fai quasi schifo! Ma tu lo sai chi era tua nonna?

FIGLIO No.

MARIO Neanch'io…non l'ho mai conosciuta mia madre…lei era…era un gatto randagio…io sono un figlio di puttana…ma non in senso figurato…sono proprio un figlio di puttana…mia madre era una puttana, una puttana vera, lavorava in un bordello…mia mamma era una bambina, aveva sedici o diciassette anni quando mi ha messo al mondo…chi sia stato mio papà non lo so, non posso saperlo, da lei andavano anche quindici uomini al giorno e chissà…posso essere stato figlio di un prete, di un dottore, di un disoccupato (me la immagino mia mamma a fare gli sconti per studenti e disoccupati) o anche figlio di un fascista, è possibile, sono nato nel 1923…spero di no, ma ho questo terribile presentimento…e se mi concentro riesco addirittura a vedermi tutta la scena del mio concepimento, con questo fascio che si sfila la camicia nera dando le spalle alla mia mamma, già nuda e già stesa con le gambe divaricate…il fascista si abbassa i pantaloni e zacchete! Senza degnarla di uno sguardo e ansimandogli addosso il fascio mi mette al mondo…non si può dire certo che io sia nato per amore! Però la mia mamma appena è venuta a sapere di essere incinta ha cominciato a volermi bene, ad amarmi…doveva avere un gran cuore la mia mamma…è scappata per mettermi al mondo, è dovuta scappare dai suoi protettori, perché se quelli là venivano a sapere che era incinta l’avrebbero bastonata, una puttana incinta si sa, ha un reddito pari a zero! Scappando a piedi scalzi per la campagna, quasi come in una favola triste, è arrivata a casa di alcuni contadini che l’hanno accudita come una figlia fino a farla partorire! Appena nato sono stato la gioia della casa, coccolato da tutto e da tutti…ma le gioie dei gatti randagi si sa, sono quanto di più breve e sfuggente possa esistere al mondo…e allora, poco tempo dopo, quando io ancora non avevo nemmeno compiuto tre mesi, sono arrivati i prottetori di mia mamma a riprendersela…non c’erano i due anziani contadini, mia mamma era sola in casa…e la cosa dev’essere andata più o meno così…
-Eccoti qua, brutta puttana! Volevi fregarci, eh?-
-Vi prego, non fatemi del male…ho un bambino…giuro che tornerò a lavorare per voi, ma non fatemi del male, devo stare vicina al mio bambino!-
E invece no, quelli là l’hanno ricoperta di calci e sputi, l’hanno violentata uno dopo l’altro e poi l’hanno ammazzata, senza pietà!
Le cose sono andate più o meno così, ma io a volte mi rifiuto di crederci, e dono alla mia mamma una vita diversa, da principessa…e allora penso a mio padre come a un bellissimo vagabondo che suonava la chitarra sulle vette del mondo; e uno di quei pomeriggi, mentre cantava una ballata al sole, e mia mamma ritornava da una passeggiata intrecciandosi i capelli con le margheritine di campo, uno sguardo e subito amore, ed io che vengo concepito all'ombra fresca di un cipresso…poi loro si prendono per mano e mi dicono "il mondo non è per noi gatti randagi, abbiamo occhi troppo belli per queste strade insudiciate dall'ingiustizia, addio bambino adorato, ci rivedremo in quel mondo fantastico dove avremo ali d'angelo e occhi lucenti come stelle".
Una bella favola, vero?
Comunque sia andata, quei contadini che l'avevano fatta partorire mi allevarono come un figlio…così sono cresciuto sano, robusto e felice…sì, felice perché non mi hanno fatto mancare niente, mangiavo e andavo a scuola, eppure…eppure qualcosa non tornava, a scuola non erano tutti vestiti come me, e per le vie del centro c'erano uomini con scarpe lucide e donne con calze di seta…e allora cominciai a chiedermi perché…perché c'erano uomini che potevano passeggiare per pomeriggi interi e prendere donne sottobraccio mentre disinvolti si accendevano una sigaretta e noi, noi che stavamo dell'altra parte della barricata, noi gatti randagi, stavamo a farci bruciare la faccia dal sole spezzandoci le ossa nei campi, e la sera ci ritiravamo stanchi morti a dormire per non pensare…e perché questi signori inargentati mangiavano e potevano comprarsi vestiti col nostro sudore…perché un giorno un tizio è arrivato e ha cominciato a urlare piantando paletti: "MIO, MIO, MIO! E' TUTTO MIO! "…mah, forse quando tutti capiranno che non c'è spiegazione logica a tutto questo forse ci s'incazzerà davvero…
La rabbia dentro di me saliva, al punto che quel fatidico 8 settembre 1943, appena a vent'anni, entrai nei partigiani…sì, per rabbia, non certo per una qualche coscienza politica che ancora non avevo (e forse non ce l'ho nemmeno adesso)…avevo vent'anni ed ero bellissimo…ah, sapeste cosa significa bruciare i propri vent'anni in una guerra atroce e assurda, far saltare i ponti, vedere compagni che ti muoiono addosso, amici che perdono un occhio per una scheggia dritta nella pupilla, sparare addosso a ragazzi della tua età perché hanno una divisa diversa, abbracciarsi e festeggiare per aver assaltato e saccheggiato i camion nazifascisti e poi scoprire che i fasci, per vendicarsi del torto subito, hanno incendiato un paese intero e ucciso donne e bambini, e sentirsi in colpa…ci sono notti figlio mio che ancora mi sveglio urlando…eppure la sensazione di lottare per riprendersi finalmente qualcosa che ci apparteneva ha fatto sì che quelli fossero i giorni più belli della mia vita…
Il giorno dopo la liberazione le speranze erano già tutte morte…tutto era come prima, forse peggio, perché più ipocrita. Si erano già dimenticati di noi, di quel che avevamo fatto per liberare l'Italia…Mao diceva che "è il popolo che fa la storia, ma poi sono i padroni che la raccontano"…eh, figlio mio, se tu mi fossi stato a sentire avresti capito che la storia non è quella che hai imparato a memoria sui libri di scuola, ma che è questa qui, queste strade di paese che non ti portano da nessuna parte, non i decenni che volano via, ma quei pomeriggi che sembrano non finire mai…la storia non sono i grandi nomi, ma gli sterminati eserciti di nessuno che combattono e muoiono senza sapere perché…due anni da partigiano, due anni con la paura di morire da un momento all'altro sempre addosso e poi ci si ritrova al punto di prima…cos'avevamo liberato? Mi chiedevo…ma forse, pensavo, è che per fare qualcosa bisogna studiare, ed io che non avevo finito la scuola non potevo certo pretendere un cambiamento, e allora ho stretto i denti, sono andato alle scuole serali e ho preso il diploma…sono uscito dalla scuola tenendo stretto in mano quel pezzo di carta come fosse un trofeo, quasi a dire "Ora con questo vi faccio vedere!"…devo dire che mi è servito, grazie a quel diploma tanto sudato, sono entrato nella catena di montaggio di una delle fabbriche più grandi d'Italia…è lì che ho conosciuto tua madre…non ti ricordi nemmeno di lei? Sì, lei te la ricordi, ma credo che da buon borghese menefreghista quale sei diventato ti sei dimenticato com'è morta…è morta fulminata da uno degli ultimi infallibili marchingegni che ci ha venduto l'avveniristica industria americana! Ma qui forse non c'è da far polemica, si sa che i gatti randagi fanno sempre i lavori più ingrati e pericolosi…ma, è un po' colpa loro…in fondo è quello che vogliono! Del resto la nostra cara religione cattolica ci ha insegnato che in fondo è inutile vivere questa vita, che non è altro che una valle di lacrime, che la vita vera è quell'altra, quella dopo la morte, e che qui noi siamo in un'insignificante anticamera in attesa della chiamata…e quindi c'è gente talmente impaziente di passare a questa miglior vita che fa appositamente lavori pericolosi, magari si mette su impalcature alte trenta metri senza protezioni di sicurezza e volutamente scivola, si schianta e se ne va felice e contento…un po' la stessa cosa che fanno gli anarchici, te lo ricordi Pinelli? Così deve aver fatto tua madre, ha visto questo macchinario pericoloso ad alto voltaggio e PAM! Ci si è schiantata all'istante!
Hai rimosso tutto figlio mio…sembra che tu ti sia dimenticato anche di aver avuto un figlio…te lo ricordi tuo figlio? Non vuoi ricordartelo perché non lo hai accettato…perché lui era un…e non fare quella faccia! Sto soltanto dicendo la verità…ah, già dimenticavo, tu alla verità sei allergico! E comunque tuo figlio, mio nipote, era un tossicodipendente…sì, e tu l'hai ucciso secoli prima che lo trovassero dietro quel colle con l'ago nel braccio…la tua indifferenza l'ha ucciso…povero nipote mio, povero gatto randagio! Anche lui, come la mia mamma aveva gli occhi troppo belli per queste strade insudiciate d'ingiustizia! La sua presenza la sento spesso…anche ora, mi sembra che lui sia qui a dire:
-Eccomi qua, sono il tossico, sono il drogato, sono quello che vi fa sentire migliori, bella gente! Voi non sapete cosa sia la solitudine, la disperazione, un padre sordo ad ogni tuo pianto, tutto che ti crolla addosso, un mondo che non accetta la tua fragilità e a te non resta che bucarti, bucarti, bucarti, bucarti…ma sapeste quant'è bello il primo buco! E' come avere tutte insieme le carezze che non hai mai avuto…poi col tempo mamma eroina detta legge, e tu cammini verso il fiume dell'overdose, non la cerchi e quasi non ci credi, ma lei arriva…arriva…stavo dietro un colle io, quel giorno non credevo di aver esagerato, me ne sono reso conto solo quando ho infilato l'ago in vena…ho cercato la paura, ma non l'ho trovata, e l'overdose mi ha ucciso…-
Ahhhhh! Ecco, le fitte ritornano figlio mio…siamo alla fine…questa è davvero la fine del viaggio…sto per morire figlio mio…ma non ho paura, perché adesso lo so…lo so che per i gatti randagi vivere o morire è la stessa cosa…ma che sto dicendo! Scusami, figlio mio, sono solo deliri di un vecchio pazzo…ora muoio, ma sappiano i signori che non mi piego, anche da morto resto a testa alta…eh, sì…come dice il giullare: camminiamo a testa alta perché siamo con la merda fino al collo!!!

RICCARDO LESTINI, 2002 (dall'omonimo spettacolo "Gatti Randagi - monologhi di resistenza umana")

*Nota al testo: nel monologo sono presenti due citazioni. La prima è la frase “Avevamo gli occhi troppo belli” di Fabrizio De André, tratta dalla canzone “Recitativo”, nell’album “Tutti morimmo a stento”, la seconda è la frase finale, di Dario Fo, tratta dalla commedia “Morte accidentale di un anarchico”.

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sabato 26 settembre 2009

L'aeronautica USA ha comprato altri sette C27J da Alenia del gruppo Finmeccanica

Continua il filone d'inchiesta del giornalista Stefanio Ferrario sulle commesse militari dell'esercito americano a Finmeccanica. Per vedere i precedenti articoli, clicca qui

Per Alenia Aeronautica (gruppo Finmeccanica), in campo militare, non c’è ‘solo’ il remunerativo affare per la produzione del micidiale cacciabombardiere F35 “Joint Strike Fighter”, ma Finmeccanica evidenzia che Alenia Aeronautica ha ricevuto un ordine per la fornitura d’ulteriori 7 velivoli C27J “Spartan” dagli Stati Uniti d’America. Qui è bene fare un passo indietro per comprendere cosa si cela dietro questa ulteriore commessa. Infatti, dobbiamo ricordare che, nel giugno 2007, Alenia Aeronautica ha vinto la gara negli USA per l’aereo militare da trasporto tattico C27J, in collaborazione con L-3 e Boeing.

Il C27J può trasportare fino a 60 soldati o in alternativa 11,5 tonnellate di carico; “assicura un’elevata efficienza operativa, un’estrema flessibilità d’impiego, le migliori prestazioni per i velivoli della sua categoria in tutte le condizioni operative e caratteristiche uniche d’interoperatività con gli aerei da trasporto di classe superiore in servizio con le forze aeree della NATO.”
È un’imponente commessa da parte del Pentagono che impiegherà il C27J per l’Esercito e l’Aeronautica, come nuovo velivolo da trasporto tattico nell’ambito del programma Joint Cargo Aircraft. Al team Alenia, L-3, Boeing è stato assegnato un contratto iniziale del valore di 2,04 miliardi di dollari per la fornitura di 78 velivoli C27J. Tuttavia i piani delle forze armate statunitensi prevedono l’acquisizione di 145 aerei, di cui 75 destinati all’Esercito e 70 all’Aeronautica, “con una previsione complessiva di 207 velivoli entro 10 anni, per un valore inizialmente stimato in sei miliardi di dollari” (nel settore militare, nel corso degli anni questa cifra è destinata ad aumentare, ad esempio, a causa dell’aggiornamento dell’avionica).

Il C27J è stato preferito allo spagnolo EADS C295, poiché unico aereo della sua categoria a rispondere pienamente ai requisiti operativi del Pentagono.
EADS ha presentato ricorso al GAO (Government Accountability Office) degli Stati Uniti, ma il GAO, il 28 settembre dello stesso anno, ha confermato, per il velivolo italiano, la migliore scelta dal punto di vista operativo e dell’offerta economica e finanziaria.

La scelta di puntare sul mercato nordamericano, presentandosi forte in virtù delle collaborazioni con aziende locali, è anche una mission di Finmeccanica, che vede nel mercato statunitense, quello con il budget per la Difesa più ampio nel mondo, una strategia per un’espansione internazionale di Finmeccanica, avviata nel 2002, realizzata con diverse acquisizioni e con la formazione di numerose joint-ventures; in conseguenza di ciò si realizza anche l’ingresso nel grande mercato dei Paesi della NATO.

Il C27J, prodotto negli stabilimenti Alenia Aeronautica di Pomigliano (nei pressi di Napoli) e di Torino-Caselle, è stato finora ordinato in 39 esemplari da parte delle aeronautiche italiana (12 aerei), greca (12 aerei più 3 in opzione), rumena (7 velivoli per un contratto di 219 milioni d’euro), bulgara (5 esemplari più 3 in opzione) e lituana (3).

L’aereo è in gara in altri Paesi dell’Alleanza atlantica, come Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia. Alenia Aeronautica ha quindi fatto operazioni molto rilevanti con i Paesi ex-satelliti dell’Unione Sovietica che, una volta entrati a far parte della NATO, si sono visti operare per il rinnovo degli obsoleti velivoli Antonov-26 di produzione russa. Il C27J, sottolinea Finmeccanica, “è in corso di valutazione anche in Australia, Canada e in alcuni Paesi del Medio Oriente”.

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giovedì 24 settembre 2009

Isola del Texas, di Pablos Parigi


La poesia ancora una volta parla di argomenti un po’ noiosi per la collettività, poco popolari e scomodi. Mentre ero in spiaggia, e dopo aver lottato tra un mozzicone e l’altro per far posto all’asciugamano, su un giornale nazionale ho letto di un’isola di spazzatura che si è formata nel mezzo dell’Oceano Pacifico. La sua dimensione è poco più la superficie del territorio del Texas; non c'era alcun riferimento al volume o alla profondità, si parlava di una superficie di 695.622 kmq.

Nulla se si considera tutto quello che ogni giorno un esercito di spazzini deve raccogliere al passaggio dell' umano signore che scaraventa per terra qualsiasi cosa, da qualsiasi luogo ed in qualsiasi paese del mondo. Così accumula, accumula, accumula ed ecco un'altro disastro ecologico a cui anche noi italiani contribuiamo con il singolo mozzicone di sigaretta o la busta (biodegradabile, poco bella da vedere con tempi di degradazione lunghi per la vita umana).

La Natura, pur con difficoltà, ha posto rimedio alla nostra sporcizia e tramite un giro di 6 anni per tutti gli Oceani ed i mari ed un enzima che prende il nome di cutinasi, degrada lentamente quel mucchio di immondizie, facendo quello che non fa l'uomo a casa sua. Le plastiche ed i rifiuti poco alla volta entrano nella nostra catena alimentare, a partire dal fitoplancton fino all'uomo e soprattutto a tutti gli uomini, anche quelli che si ritengono immuni o ignorano, gli effetti dell'inquinamento. In particolare, vi sono alcuni che con il potere e con il denaro pensano di potersi difendere e di difendere i pochi che hanno intorno. Non è così, passo a passo le sostanze nocive arrivano nel mio, nel nostro piatto e nel mio e nel nostro organismo; e forse sì, così anche i nostri geni, mutando di generazione in generazione, incominceranno a sintetizzare e smaltire la plastica con gli idrocarburi derivati del petrolio! La poesia attenua tutto quello che l'uomo non vuole comprendere, è breve spesso, brucia e sintetizza con poche parole; ma a differenza di un giornale può rimanere ed arrivare a toccare corde più profonde...basta avere sensibilità.

Isola del Texas (di Pablos Parigi)
Lo zaffiro ha le sue fattezze
brillando anche grezzo nella terra
raccolto dalle mani negre della Birmania
Vale molto, come prezioso gioiello
Dal buio profondo di un budello…

Come il mare e l’Oceano cobalto
ondeggiano inquieti e l’acqua nel giorno
accoglie nei suoi seni attorno
le pule umane, tutto digerisce e cattura
con le correnti accumula la spazzatura

Nell’isola informe come vortice…Pacifico.
Come lo sguardo e gli occhi tuoi, blu
di sfumature, di nuvole del cielo su,
intensi esprimono quello che hai dentro
ed io sprofondo in ogni momento al centro

di un dolce amplesso perenne e stretto
…ed io mi addormento ancora vedendo
nell’orizzonte unito di mare e cielo
laggiù il dolce sorriso … tuo riflesso.

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mercoledì 23 settembre 2009

Acciaierie di Terni. Una giornata da ficcanaso tra le scorie della Thyssen


Nel numero del 18 giugno 2009, il settimanale L’Espresso ha pubblicato un interessante reportage della giornalista Stefania Maurizi sull’inquinamento ambientale del territorio ternano. In particolare, la rivista ha descritto le presunte responsabilità della Thyssen Krupp Acciai Speciali Terni, colosso metallurgico tedesco che controlla le celebri acciaierie simbolo della città.

L’articolo mette le mani in pasta sui molteplici problemi d’inquinamento che affliggono oggi Terni. Il problema delle polveri che si accumulano a Prisciano (quartiere limitrofo alle acciaierie), la questione della discarica di Vocabolo Valle e la vicenda del “laghetto dei veleni” scoperto in prossimità dei cantieri dell’autostrada Terni-Rieti, rappresentano le punte di un iceberg in una situazione generale molto complessa che desta non poche preoccupazioni per la salute della popolazione locale. Rimando al pezzo della Maurizi la narrazione delle cronache, riportando solamente un aggiornamento ai fatti degli ultimi mesi. Dopo il rinvenimento, il laghetto al cromo esavalente - non senza polemiche – è stato immediatamente bonificato. Restano tuttavia i timori che la mancanza di impermeabilizzazione del bacino possa aver determinato delle pericolosi infiltrazioni di cromo nelle falde acquifere della zona.

Qualche giorno fa, approfittando di alcuni amici ambientalisti che intendevano svolgere delle analisi microbiologiche, mi sono recato a Terni per un giro di perlustrazione nei luoghi delle vicende. Districandoci nel caotico traffico della città, abbiamo fatto tappa nella zona di Papigno, dove abbiamo “ammirato” l’inquietante effetto scenico di una grande opera in costruzione. In effetti, si sta innalzando un vistoso ponte che permetterà all’autostrada Terni-Rieti di attraversare una profonda gola scavata dal fiume Nera. Passerò come il solito disfattista ecologista, ma non posso negare la mia perplessità alla visione di quel ponte e della strada che in esso si andrà ad infilare...

Successivamente abbiamo costeggiato la zona perimetrale degli stabilimenti della Thyssen, che sorgono peraltro in un’area ad alta densità abitativa. Non certo suggestionato dall’articolo de L’Espresso, sono tuttavia rimasto molto colpito dalla pesantezza dell’aria circostante, conseguenza delle polveri provenienti dalla fabbrica. In alcuni frangenti dell’attraversamento, ho avuto realmente qualche difficoltà nel respirare.

Lasciando l’arteria principale, abbiamo poi imboccato una stradina bianca con scarse indicazioni (l’esperienza consolidata dei miei amici aveva fiutato la vicinanza della meta). Proseguendo fino al termine della strada, ci siamo ritrovati nei luoghi dove volevamo arrivare. Sulla sinistra, a monte, la discarica di Vocabolo Valle, sulla destra la galleria dell’autostrada Terni-Rieti presso cui è stato rinvenuto il laghetto dei veleni. Può sembrare cosa quanto meno curiosa, ma la Terni-Rieti passerà proprio sotto la montagna che ospita la discarica...

L’ingresso di Vocabolo Valle, non lasciato incustodito, era presieduto da una guardia giurata e da un vigilante che, insospettiti dalla nostra presenza, scrutavano da lontano le nostre azioni. Non appena siamo scesi dalla macchina e abbiamo cominciato a fare qualche ripresa, si sono precipitati verso di noi con un fare non proprio tranquillizzante. A toni piuttosto accesi, hanno gridato che il sito era una proprietà privata della Thyssen, che il nostro accesso era vietato e che soprattutto non potevamo fare alcuna ripresa o fotografia. Ne è scaturita una discussione concitata, durante la quale i due “mastini” hanno fatto riferimento – a male parole – anche all’articolo de L’Espresso (che evidentemente non deve aver fatto molto piacere ai vertici della Thyssen). Prima che la discussione si trasformasse in baruffa, abbiamo preferito troncare la “piacevole” conversazione e allontanarci. Questo non ha significato, naturalmente, che avessimo rinunciato alle nostre intenzioni e, raggiunta una postazione a distanza di sicurezza, abbiamo filmato i luoghi interessati.

Le riprese sono raccolte nel video allegato al post. Rispetto alle altre vertenze territoriali umbre di cui mi sono occupato, ho preferito per il momento non cercare di ricostruire le vicende. In effetti, le cronache sono ancora troppo recenti ed in rete non è disponibile la documentazione necessaria per un lavoro completo di analisi. Gli stessi movimenti civici che si stanno occupando della questione sono tuttora in fase di studio, sebbene stiano comunque costruendo i presupposti per essere maggiormente operativi. A questo proposito, alcuni comitati stanno lavorando per l’allestimento a fine ottobre (data presumibile, il 24/10) di una conferenza con esperti, alla quale invitare cittadinanza e autorità per un dibattito costruttivo sulle tematiche in questione. Provvederemo a segnalare l’iniziativa una volta che ne verrà data definitiva conferma.

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martedì 22 settembre 2009

"Requiem in frac", di Riccardo Lestini

Inizia oggi la collaborazione al nostro progetto del giovane artista passignanese Riccardo Lestini. Scrittore, attore e regista teatrale, Lestini è stato protagonista di numerose tournèe in giro per l'Italia. Nel 2002, con il suo monologo "Genova Libera", ha aperto i concerti dei Modena City Ramblers, nel corso del "Radio Rebelde Tour". Altre collaborazioni sono state realizzate con artisti del calibro di Ascanio Celestini e del gruppo musicale spagnolo Ska-P. Le sue opere traggono origine da una profonda partecipazione civile da parte dell'autore, che si manifesta in testi e dialoghi estremamenti intensi e attuali. Recentemente, il nome di Riccardo Lestini si è legato allo spettacolo "Con il tuo sasso", apprezzato monologo teatrale ispirato ai fatti del G8 di Genova e alla morte di Carlo Giuliani. Socialmente Giovani non può che ringraziare Riccardo per la sua disponibilità.

Un tempo, quando ancora sragionava ad alta voce terrorizzando e divertendo i pendolari che ogni mattina riempivano la banchina della piccola stazione, lo chiamavano Zac.
Poi passarono gli anni, lui invecchiò prima e peggio di qualsiasi altro, smise di urlare e nessuno lo chiamò più. Per i più giovani, quelli che nemmeno ricordavano i tempi in cui saltellando batteva i palmi delle mani contro i finestrini dei treni in partenza, era semplicemente il vecchio grasso e unto della stazione, quello che ogni notte stendeva tappeti di cartone e che ogni tanto lasciava fuori dalla sala d’aspetto chiazze di vomito giallognolo misto a pezzi di pane secco. Forse secoli prima, prima di tutto questo, prima di smettere di parlare e prima ancora di essere Zac, aveva pur avuto una qualche vita, una casa con porte e finestre e magari anche un amore, ma lui per primo non riusciva a ricordarsene.

Quella mattina c’era un sole tenue e gentile che scaldava appena, il cielo era limpido e lui capì che era arrivato il momento di morire. La sera prima, quando una donna dagli occhi neri gli aveva lasciato due buste con dentro tre maglioni per la notte, aveva preso quella gentilezza inaspettata come un presagio inequivocabile. Avrebbe voluto commuoversi e ringraziarla, dirle sei un angelo e addormentarsi innamorandosi di lei. Ma erano anni ormai che aveva smarrito la voce chissà dove e chissà come. Provò allora a dirglielo con gli occhi e lei sembrò capire, rispondendo con un sorriso.
Poi si svegliò, vide quel sole così maledettamente alto e non ebbe più alcun dubbio: era arrivato il suo momento.
Alla stazione non c’era molta gente. Una ragazza magra e occhialuta sedeva sulla panchina sfogliando nervosamente un giornale, quattro uomini a capannello discutevano animatamente e una signora stava appoggiata al muro rovistando dentro la sua borsa alla ricerca di chissà cosa. Più avanti c’era altra gente, ma i suoi occhi già iniziavano ad appannarsi e non riusciva a distinguere niente e nessuno.
Pensò di doverlo dire a qualcuno. In fondo non è proprio cosa di tutti i giorni, morire. Raccolse le ultime forze che gli restavano e barcollando fece qualche metro. Col cuore a pezzi e il respiro sfinito si appoggiò allo schienale della panchina, guardò la ragazza occhialuta, gli incollò gli occhi addosso, ma lei non si voltò. Allora si concentrò, prese tutto il fiato che ancora serbava nei polmoni e il miracolo successe: dopo anni di silenzio gli uscì finalmente la voce, cavernosa ma netta e inequivocabile. Disse: “Signorina, mi scusi, sto morendo…”. Ma la ragazza parve non sentirlo. Pensò di averlo detto troppo piano e si sforzò di dirlo più forte: “Signorina…sto morendo…”. Niente, l’occhialuta continuò a sfogliare quel maledetto giornale.
Si riposò qualche istante e poi riprese a camminare. Sentì le gambe che lentamente lo abbandonavano, lottò contro l’irresistibile desiderio di lasciarsi cadere a terra e farla subito finita e riuscì a vincere, raggiungendo i quattro uomini impegnati nella loro discussione. Questa volta scandì ancor di più le parole: “Scusate, sto morendo…”. Nessuno dei quattro gli rispose. Allora girò i tacchi e andò dalla signora con la borsa. Le fu vicinissimo, praticamente a un palmo, e quasi appoggiandosi addosso disse ancora: “Sto morendo!”. Ma la signora, senza batter ciglio, prese dalla borsa il telefonino e si mise a telefonare.
Poi venne il suono della campanella ad annunciare l’arrivo del treno. Non gli restava ormai troppo tempo: ancora qualche istante e il treno avrebbe rapito tutta quella gente, desertificando la stazione e lasciandolo solo. E nessuno avrebbe saputo. Quasi strisciando si trascinò da quelle persone lontane che faceva fatica a mettere a fuoco. Quanti erano? Cinque, dieci, venti…non riusciva a capirlo. Chi erano? Non aveva importanza, erano lì e dovevano saperlo. Disse per l’ennesima volta: “Sto morendo”, poi ancora “Sto morendo” e di nuovo “Sto morendo”. Nessuno riuscì a sentirlo. Il tintinnare della campanella si fece sempre più insistente fino a mescolarsi con lo sbuffo del treno in arrivo e la frenata stridula sulle rotaie. C’era troppo rumore e allora iniziò a urlare, proprio come un tempo, quando ancora era Zac e tutti si voltavano a guardarlo. Urlò “Sto morendo” un milione di volte, quasi disperato e quasi piangente, forse dibattendosi e sicuramente implorando.
Eppure nessuno si voltò, tutti salirono ordinatamente sul treno che ripartì in perfetto orario.

Lui rimase lì, sudicio e sfinito e solo, completamente solo.
Ma poi si guardò e si stupì di essere ancora in piedi. Non solo. Improvvisamente lo avvolse la strana sensazione di non essere mai stato così bene. Le gambe che fino a poco prima sembravano sgretolarsi a terra erano toniche e salde, mentre il respiro flebile e quasi impercettibile adesso era diventato pulito e regolare. E, soprattutto, nessun rumore attorno a lui. Il treno si allontanava piano senza emettere alcun suono, era cessato il vento e qualsiasi rumore di sottofondo sembrava sparito.
Non se ne preoccupò e a passo spedito raggiunse i bagni della stazione. Entrò e si accorse che anche gli odori non esistevano più. Dentro quei cessi luridi e malandati come d’incanto era sparito il tanfo di vomito, e i rivoli di piscio malato incastrati alle mattonelle sbeccate non avevano alcun odore.
Aprì la porta della latrina centrale, e sopra la turca rigata di merda, su una stampella delicatamente retta da un chiodo c’era un frac con tanto di guanti, cilindro e bastone. Proprio della sua misura.
Iniziò a spogliarsi piano piano. Si tolse strati di maglioni bucati e pantaloni marciti graffiando le croste di sudicio decennale, ma non sentì alcun dolore. Rimase in mutande e con una grazia che non sapeva nemmeno di avere si infilò il frac. Calzò infine i guanti bianchi e mise in testa il cilindro. Era bellissimo e maledettamente naturale, come se per tutta la vita non avesse fatto altro che indossare quell’abito così scintillante.
Prima di prendere il bastone, pensò che mancava qualcosa. A terra, proprio sotto il lavandino incrostato di sputi e disperazioni d’ogni sorta, c’era uno splendido fiorellino bianco. Lo raccolse con due dita, delicatamente per non fargli troppo male. Se lo appuntò all’occhiello e sorrise guardandosi nello specchio opaco e in frantumi.
Alla fine prese il bastone, e facendolo roteare nel vuoto spinse la porta con l’altra mano per uscire dai bagni.
Ma fuori la stazione era sparita. C’era un lungo viale alberato, un cielo bianchissimo e, alla sua sinistra, un fiume che scorreva lento e sonnacchioso. Non ebbe nemmeno bisogno di pensarci: conosceva quel posto, c’era stato un’infinità di volte. Non importava quando, lo conosceva a memoria e questo bastava.
Accennò un passo di danza, e sapendo esattamente dove doveva andare sparì lentamente saltellando tra gli alberi.

Quella sera faceva freddo. Al ritorno i pendolari scesero dal treno alzando il bavero dei giubbotti o stringendosi le braccia alla vita per scaldarsi.
Tutti senza dirselo pensarono che l’estate ormai era finita, era arrivato l’autunno e sarebbe ricominciato il solito tran tran.
Accelerarono il passo perché era quasi ora di cena.
Passando spediti e improvvisamente infreddoliti nessuno fece caso a lui, come sempre sdraiato sui suoi cartoni infradiciati, come sempre sudicio, immobile e puzzolente.
Nessuno fece caso a lui che, chissà da quanto tempo, era morto con un sorriso a solcargli il volto.

RICCARDO LESTINI, 2009

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sabato 19 settembre 2009

Amnesty International, giornate dell'attivismo 2009

Perugia, Sabato 26 settembre dalle ore 15.00 alle 20.00 Piazza della Repubblica

Esibizioni di vari gruppi musicali e non solo!

Saliranno sul palco:

"Roma-Rio" (samba)

"Asamansi" (danza afro)

"Coquinho Baiano" (capoeira)

E alle ore 21 al Teatro del Pavone: presentazione del film "Vietato Sognare" (Forbidden Childhood) di Barbara Cupisti (Italia 2008, 92') in anteprima per l'Umbria produzione Rai Cinema - distribuzione Ucca - Arci; in collaborazione con Amnesty Internationale con l'Accademia Teatro del Pavone. Vincitore Premio "Cinema e diritti umani" di Amnesty International alla 45ma Mostra internazionale del nuovo cinema di Pesaro e Premio come miglior film alla seconda edizione del "Bahrain Human Rights International Film Festival"

Per informazioni: gr045@amnesty.it

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venerdì 18 settembre 2009

Ancora armi italiane per l'esercito USA

Riceviamo e pubblichiamo questo interessante articolo del giornalista Stefano Ferrario. Collaboratore della rivista online Peacereporter, Ferrario si sta occupando degli interessi in ambito militare di Finmeccanica, azienda italiana a partecipazione pubblica attiva nel campo della difesa e dell'aerospazio. Dello stesso autore, Socialmente Giovani ha pubblicato anche il post "In tempo di crisi, compriamo elicotteri..."

Un’altra società di Finmeccanica, DRS Technologies (www.finmeccanica.it), sta armando le forze armate degli Stati Uniti, in particolare l’Esercito. Vediamone le commesse (tutte ricevute durante quest’estate) che ammontano a un totale di 571 milioni di dollari.
Cento milioni di dollari è l’entità dell’appalto per la fornitura di 270 rimorchi Heavy Equipment Trasporter (HET). L’HET “è concepito per trasportare veicoli da combattimento; è in grado di trasportare, su strada e fuori strada, tutti i tipi di veicoli cingolati o ruotati, container e cargo di grandi dimensioni fino a un peso massimo di 80 tonnellate.”
Vi è poi la spesa di 49 milioni di dollari per la produzione e fornitura di sistemi di visione ad infrarossi per l’Esercito. Le consegne saranno completate a gennaio 2011. Tali sistemi di visione servono ai soldati che utilizzano veicoli da combattimento, tra cui Abrams, Bradley e Humvee e consentono di “rilevare, identificare e ingaggiare gli obiettivi tattici dell’avversario a qualsiasi ora del giorno e della notte, anche in condizioni di visibilità nulla.”
Altri tre nuovi contratti, per un valore complessivo di oltre 85 milioni di dollari, riguardano la produzione e consegna di visori termici, sofisticata strumentazione terrestre e altri rimorchiatori per l’Esercito.
Per i visori termici la spesa è di 35,2 milioni di dollari. Le consegne proseguiranno fino a giugno 2011. I visori termici sono un sistema di difesa navale, “in grado di intercettare e rispondere a missili antinave e ad altre minacce, attualmente impiegato su tutte le classi di navi da combattimento della Marina statunitense”.
Per 300 rimorchiatori Hemat la spesa è di 22 milioni di dollari; hanno la funzione di trasportare carichi di vario genere su strade asfaltate e sterrate. È il nono ordine nell’ambito di un contratto firmato nel 2005. “Si tratta di un rimorchiatore ad elevata mobilità con capacità fino a undici tonnellate, che si è dimostrato essenziale nell’Operazione Iraqi Freedom.”
Altri 28 milioni di dollari serviranno per l’ammodernamento dei veicoli da combattimento Bradley.
DRS Tecnologies si è poi aggiudicata un ordine di 120 milioni di dollari per la fornitura di 7200 generatori elettrici all’Esercito. Le consegne termineranno a gennaio 2011.
Sempre per l’Esercito, DRS Tecnologies si è aggiudicata un contratto da 217 milioni di dollari per la fornitura di mini computer.
Sul mercato statunitense Finmeccanica si è attivata anche dal punto di vista finanziario, con la prima emissione obbligazionaria nello stato a stelle e strisce. Il prestito, di complessivi 800 milioni di dollari, è ripartito in due tranche rispettivamente di 500 milioni con scadenza a 10 anni e cedola pari a 6,25 percento e di 300 milioni con scadenza a 30 anni e cedola pari a 7,375 percento.
I titoli saranno quotati alla Borsa di Lussemburgo.
L’operazione ha registrato una domanda per un valore che ha superato di oltre tre volte l’ammontare offerto. “Il successo della sottoscrizione e l’ottima accoglienza anche dell’emissione a 30 anni, la più lunga oggi disponibile sui mercati, confermano l’apprezzamento degli investitori istituzionali nei confronti della strategia industriale e finanziaria di Finmeccanica”, che considera gli Stati Uniti come uno dei mercati di maggiore rilevanza industriale e commerciale.
Il collocamento dell’operazione è stato curato da Bank of America, Merrill Lynch, Citi, JP Morgan e Morgan Stanley, nonché da Barclays Capital, Royal Bank of Scotland e Société Générale.

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domenica 13 settembre 2009

Luci sul Fiume

Segnaliamo la manifestazione Luci sul Fiume che si terrà presso il Parco Comunale di Ponte Valleceppi (fraz. di Perugia) nei giorni 18-19-20 settembre. La rassegna propone concerti, mostre, performance artistiche, foto-contest, giochi e gastronomia. L'ingresso è gratuito

clicca sull'immagine per visualizzare il programma

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mercoledì 9 settembre 2009

Domande pretestuose sul lavoro che non c’è...

Ieri mattina, transitando in macchina dalle parti di Terni, sono stato involontario testimone di una scena drammaticamente insolita. Alcune persone, sospese a molti metri da terra senza alcuna protezione, poggiavano sul bordo di un viadotto e dislocando un lungo striscione, reclamavano il pagamento di 3 mesi di stipendio arretrati. Successivamente vengo a sapere che quei manifestanti sono dipendenti di due ditte edili del territorio, a cui l’ANAS ha commissionato (e già pagato) dei lavori di manutenzione delle strade. Oltre a non ricevere lo stipendio, gli operai sarebbero inoltre a grave rischio di licenziamento; da qui la decisione di inscenare questo estremo gesto di protesta, che sembra almeno abbia sortito l’effetto di mettere in moto le istituzioni politiche locali, per cercare di risolvere la vertenza.

Episodi come quello di Terni sono da annoverare tra i molteplici che riempiono le cronache di questi giorni. La vicenda della INNSE di Milano e dei suoi quattro operai legati alla cima di una gru per oltre una settimana ha innescato, quasi in una reazione a catena, decine di casi simili in tutta Italia, con lavoratori disposti a tutto pur di non perdere la propria occupazione. Un certo rumore, persino nei nostri anestetizzati giornale, hanno fatto anche le numerose manifestazioni dei precari della scuola: insegnanti arroccati sui tetti dei provveditorati, marce di protesta in mutande e giarrettiere, scioperi della fame e della sete, incatenamenti vari. Mi chiedo quale sarà la prossima categoria che, colpita duramente da crisi globali o da provvedimenti governativi, scenderà massicciamente in piazza…

Lavorando come insegnante precario, la questione occupazionale mi coinvolge da vicino e – non lo posso negare – genera in me una forte preoccupazione. Nella sola Umbria, i due provveditorati provinciali di Perugia e di Terni hanno messo a disposizione 380 contratti in meno (tra docenti e personale ATA) rispetto all’anno scorso. Altre stime prevedono che il bilancio definitivo dei tagli del comparto scuola sarà, per il solo a.s. 2009/2010, di circa 700 unità. E il peggio deve ancora arrivare…

In questo contesto, la crisi occupazionale non sembra neanche avere la precedenza delle priorità nelle agende dei nostri politici, poco importa siano essi di governo oppure di opposizione. Il “papi” è troppo impegnato a smantellare le istituzioni e a sbraitare contro chiunque non si allinei al pensiero unico dell’Unto del Signore. La sinistra sinistrata, d’altra parte, parla di cose assurde, incomprensibili ad una qualsiasi persona provvista di senno, si scanna su segretari, mozioni e correnti, si scinde in partitini e sottopartitini come in un processo di mitosi cellulare. In poche parole, si autocondanna alla sconfitta permanente. Sui sindacati poi, stendiamo un velo pietoso...

Finisce così che vengono a mancare gli interlocutori politici per affrontare i complessi problemi del mondo del lavoro; le cui conseguenze – dirò una banalità – sono un fardello pesante sulle spalle di tante persone. Da un punto di vista personale, ho vissuto in questi giorni molti momenti di rabbia e disorientamento. A 28 anni, credo sia arrivata l’ora di dispiegare le ali, lasciare il protettivo tetto parentale e andare a vivere per conto mio. Un progetto legittimo, quello di misurarsi con le proprie forze e cercare di costruire una vita indipendente, che però non può trovare attuazione nell’odierna situazione. Non vedo come questo sia possibile non avendo un lavoro...

E in fin dei conti, io non mi dovrei neanche lamentare. Ho ancora tutta una vita davanti, al momento sono protetto da quel grande ammortizzatore sociale che è la famiglia; i presidi, prima o poi, avranno ancora bisogno di me e in qualsiasi caso, posso sempre riconvertirmi a qualche altra forma di occupazione. Mi chiedo invece come possano sentirsi donne e uomini di 45-50 anni, che hanno lavorato per una vita, con famiglia e bambini a carico; e che all’improvviso, si sono sentiti dare il benservito senza troppi complimenti. Mi domando come potranno riqualificarsi in un mondo del lavoro quanto mai becero e competitivo, nel quale le necessità economiche e finanziarie prevalgono sempre di più sul rispetto dei valori e della dignità delle persone. Mi domando come riusciranno a superare le frustrazioni psicologiche, i sensi di colpa e di inutilità che inevitabilmente affioreranno. Mi chiedo infine se esista una soluzione a tutto ciò. Qualcuno è in grado di rispondere e proporre soluzioni, senza il rischio di finire querelati o essere tacciati di catastrofismo?

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giovedì 3 settembre 2009

Luis Sepulveda a Perugia


INCONTRO CON LUIS SEPULVEDA
Giovedì - 10 Settembre 2009 - Università per Stranieri di Perugia
Palazzo Gallenga, Aula Magna, ore 18.00

Programma:

PRESIEDE
STEFANIA GIANNINI
Rettore dell'Università per Stranieri di Perugia

INTRODUCONO
DIANELLA GAMBINI
Docente di lingua spagnola - traduzione
Università per Stranieri di Perugia

GIOVANNI CAPECCHI
Ricercatore di letteratura italiana
Università per Stranieri di Perugia


ILIDE CARMIGNANI INTERVISTA LUIS SEPULVEDA
Lo scrittore cileno si racconta alla sua traduttrice in Italia

Nel corso dell'evento verrà presentato il nuovo romanzo dello scrittore
"L'ombra di quel che eravamo" (Guanda, 2009)

Ufficio Stampa, Comunicazione e Relazioni Esterne
Università per Stranieri di Perugia
Tel: 075 5849 495
E-mail: comunicazione@unistrapg.it

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martedì 1 settembre 2009

Notti blu alla Rocca

Segnaliamo la manifestazione culturale "Notti blu alla Rocca", organizzata dall'associazione "Nobilissima Parte de Sopra" e che si terrà ad Assisi dal 3 al 6 settembre 2009.

PROGRAMMA DELLA RASSEGNA

TEATRO RAGAZZI
Giovedì 3 ore 18.00 Tre di principesse di e con Carlo Ottolini
Venerdì 4 ore 18.00 I dodici lupi di e con Carlo Ottolini
Sabato 5 ore 18.00 Crepapanza e altre storie di e con gli amici di BirBA

PROSA
Giovedì 3 ore 21.15 Sulle tracce della commedia* di e con Eugenio Allegri
Venerdì 4 ore 21.15 Sulle tracce della commedia* di e con Eugenio Allegri
Domenica 6 ore 21.15 L'eccellentissima e lamentevolissima tragedia di Romeo e Giulietta* da W. Shakespeare con Ancilla Oggioni e Marco Marangon

MUSICA
Giovedì 3 ore 22.30 Il blues con Yoruba blues band
Venerdì 4 ore 22.30 Viaggio acustico con FourB
Sabato 5 ore 21.15 Assaggi d'autore* con Insieme vocale Commedia Harmonica
Sabato 5 ore 22.30 'Trabadà - Festa di Musica Popolare
Domenica 6 ore 22.30 Appunti di viaggio* di e con Ramberto Ciammarughi

*ingresso 10 euro - prenotazione consigliata
Per informazioni e prenotazioni:
335.8435402 oppure info@nottibluallarocca.com

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